Regia di Kelly Reichardt vedi scheda film
Il west(ern) secondo la visione di Kelly Reichardt, una delle registe più interessanti, e indie, del nuovo cinema americano. Abituata a spogliare i suoi film, rendendoli esperienze quasi intime, incentrati tutti su piccole storie e sull'empatia con i personaggi che raccontano, più o meno tutti sbandati o comunque ai margini della società, la Reichardt affronta il tema del viaggio dei pionieri americani verso la frontiera dell'Ovest, ma lo fa alla sua maniera. Un film che per la prima volta nel suo cinema, si nutre dei larghi spazi del territorio americano, che pare letteralmente inghiottire questa piccola carovana di persone, persa, letteralmente, fra le pianure e i deserti di quei luoghi tipici della mitologia western. Eppure, nonostante la forza degli orizzonti, la potenza di quella terra, riesce a rimanere fedele al suo cinema raccolto, quasi inerte, schivando la ricerca dell'epica a tutti i costi e spostando l'asse verso un viaggio di formazione, dove i fucili non sparano che un solo colpo, verso il cielo, e dove anche gli indiani, o, meglio, l'indiano in questo caso, non rappresenta il nemico da abbattere ma una persona a cui dare fiducia per trovare, finalmente, la via verso casa. Una lettura, fra l'altro, al femminile, visto che le vere protagoniste di questo western sui generis, sono proprio le donne che compongono l'amabile combriccola. Tutto bene, fin qui, se non fosse che la costruzione dell'opera è faticosa e lenta, trascinandosi, come i protagonisti, in un polveroso girare a vuoto, senza emozionare più di tanto. Gli attori s'impegnano e le immagini sono molto belle, ma è un film che ho trovato troppo statico e senza quella tensione capace di spingere la storia in avanti. C'è molta estetica, in sostanza, e poca ciccia. "Meek's Cutoff" è un bell'esperimento e una visione obliqua del solito west visto e stravisto, ma il tutto, francamente, si ferma lì.
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