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La solitudine dei numeri primi

Regia di Saverio Costanzo vedi scheda film

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La recensione su La solitudine dei numeri primi

di LAMPUR
4 stelle

Il libro non mi era piaciuto ma quasi mi ritrovo a doverlo difendere invece, dopo aver assistito, con la trasposizione cinematografica, alla metamorfosi in numeri anonimi; e con la collaborazione attiva dell’autore tra l’altro, che probabilmente sarà stato catechizzato da regia e distribuzione: “guarda ‘stà cosa non funziona al cinema, questa è troppo moscia, questa è meglio che la rendiamo frizzante, quest’altra piccantina…” e cosi discorrendo fino ad ottenere un’anomala solitudine di numeri sghembi.
Il libro arrischiava un festival di eccessi, l’esaltazione dei numeri primi in gara con un mondo di aritmetica convenzionalmente insulsa: equazioni differenziali al cospetto di tanti uno più uno. Ma perlomeno ci si addentrava nelle motivazioni  fornendo  sensi compiuti all’escalation, ed Alice e Mattia spesso offrivano le loro frequenze comportamentali, dando modo di sintonizzarci.
Nel film si cinematografa di mestiere, calchiamo gli effetti tralasciando le cause, trascuriamo gli impulsi, “sgobliniamo” stile anni ‘90 e ci facciamo belli con le conseguenze.
Costanzo s’accontenta, anzi furbeggia cesellando  “scene da film”, come con la ricerca della sorella da parte di Mattia sotto una pioggia battente, il bacio tra Alice e Viola, lo “scorticamento” del tatuaggio con Alice in deriva horror da serie C con la scheggia di specchio in mano, la festa fuori fuoco che scassa i timpani senza rivelare nulla dei personaggini di contorno (l’aritmetica di base), i corridoi d’hotel shininghiani a voler connotare un’ansia altrimenti impalpabile, come col cammeo clownistico di un ottimo Timi (magari poco realistico ad una festa di bimbi cosi come un altro episodio del libro, col “medico”, futuro marito di Alice, che invita la paziente “anoressica” ad una ricca cena, paragrafo paradossalmente comico risparmiatoci, almeno quello, nel film…),
Tutti comunque episodi monchi, zoppi come la protagonista che cresce al buio, defilata, da bimba e figlia incompresa ad adolescente anoressica, da fotografa armata di rivalsa a sciatta e disperata ex moglie.
La scelta di focalizzare un  paio di episodi della vita di Alice (incidente e festa di Viola), mischiando il tutto in alternanza temporale (“Cronologia destrutturata, che sia maledetto Tarantino!” centratissimo l’appunto di Marlucche!), sottacendo o trascurando o modificando anche di sana pianta la struttura originale, magari solo per ravvivare il piattume narrativo, non consola ne risolve l’insufficiente penetrazione nelle motivazioni dei due protagonisti, ed a maggior ragione non giustifica la riduzione concettuale di “numeri primi”, ribadita nel libro con rigore matematico fino alla fine, quel rigore che il film squalifica in funzione di un epilogo  speranzoso/possibilista (sicuramente imposto anche quello) da numeri quinti o sesti. Altro che primi…
 

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