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In/Significant Others

Regia di John Schwert vedi scheda film

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La recensione su In/Significant Others

di OGM
8 stelle

L’inseguimento della verità è una faccenda privata, poliziesca, televisiva. E il principio della giustizia è un valore che passa, in diverse forme, per gli affetti familiari e la coscienza professionale. La troupe di un’emittente via cavo americana sta girando, in un quartiere periferico di una città del Midwest, un documentario basato interamente sulle interviste rilasciate dagli abitanti del luogo: persone qualsiasi, da cui il regista cerca, in ogni modo,  di tirare fuori una storia. Il materiale umano è apparentemente di poco conto: ne fanno parte il comico Jack, che si esibisce in un bar, è molto sicuro di sé, però non fa ridere, suo fratello Greg, che vorrebbe seguire le sue orme, ma è un buono a nulla, Jo-Anne, la compagna di Jack, alle prese con una sorella tossicodipendente,  e Bruce, un reduce dalle missioni in Iraq e in Afghanistan che ha ripreso, senza troppi scossoni, la sua vita di sempre. Eppure l’obiettivo non smette di scavare: continua a ritornare sugli stessi luoghi, a ripetere le stesse domande, alla ricerca di qualcosa di rilevante che sicuramente prima o poi emergerà.  Un’insistenza che sembra figlia della noia, di una sete di sensazione frustrata dalla piattezza della normalità, ed invece diventerà, col tempo, una potente arma contro l’ipocrisia, l’omertà, la convenzionalità dei rapporti sociali. La macchina da presa coglie solo lo spettacolo che ognuno dei soggetti intende dare di sé: la finzione diventa una recitazione più che credibile, nelle inquadrature sgranate di quello che vorrebbe essere un reality, ed invece è solo un pubblico gioco delle parti. Il cinema non trova la verità  quando dichiaratamente la esige, ma semmai quando, distrattamente, la inquadra per caso, senza volerla davvero filmare. È, infatti, nei ritagli del montaggio, negli sfondi delle riprese che i cineoperatori troveranno la chiave di un misterioso omicidio. La macchina da presa, esattamente come l’occhio umano, può vedere senza guardare, può indagare senza risolvere, e, in definitiva, si lascia facilmente trarre in inganno. Davanti ad essa, la realtà ama mettersi in posa, rivelandosi per quella che è solamente nei momenti in cui si crede inosservata. L’idea pare rubata a Blow Up, ed è forse anche un po’ figlia dello spirito di Redacted, e, in generale,  di tutti quei film in cui un fotogramma, un’istantanea, una finestra aprono, inaspettatamente, uno spiraglio clandestino sul delitto, sullo scandalo, sul proibito. Tuttavia, in questo caso, la visione non è convogliata su un punto preciso, indirizzata da un mirino verso il cuore dell’azione, perché deve prima farsi strada in mezzo al melmoso torpore della provincia, dove tutto sembra insignificante e déjà vu. È lì in mezzo che il male trova il migliore nascondiglio,  tra la gente comune che dice cose banali e non interessa nessuno. Per studiare questa umanità, e conoscerla davvero, occorrono una costanza ed un acume eccezionali, che consentano di arrivare ben al di sotto della patina anonima della quotidianità. Allo sguardo superficiale si presentano maschere di personaggi senza spessore, appiattiti dallo sforzo di adattabilità ad un contesto esistenziale difficile e privo di stimoli. Dietro di esse si scopriranno, all’ultimo, abissi di dolore e di menzogna, colpe inconfessate ed amori silenziosi. Decisivi sono i fatti, quelli che si consumano in segreto, mentre le parole servono solo a camuffare: un’affermazione lapalissiana, che però, da questo stesso film, è messa parzialmente in discussione: l’invito ad esprimersi crea un vortice che poco a poco solleva il velo dell’invisibilità, e la stessa presenza del documentarista riduce, inevitabilmente, la riservatezza di certi spazi, che solitamente si considerano sicuri e al riparo da occhi indiscreti. La possibilità della registrazione, della visione in differita degli eventi a cui si è assistito, aggiunge, inoltre, un elemento totalmente nuovo, che fa riflettere sulla valenza e l’utilità della testimonianza raccolta attraverso il tempo: non solo, come in questo caso, ai fini investigativi, ma anche dal punto di vista di chi si occupa di mass media, e deve decidere cosa trasmettere, cosa conservare, cosa cancellare, pensando contemporaneamente al presente ed al futuro. Questo In/Significant Others  è un film indipendente, che ha la sostanza semplice, e forse un po’ insipida, di un thriller di quartiere, però si distingue per il modo incredibilmente tenace in cui resta attaccato alla storia e ai suoi personaggi, facendo tutto il possibile per donare spessore al loro nulla, fino a renderli i protagonisti effettivi di tutto ciò che di sé si ostinano a negare.  

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