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The Tourist

Regia di Florian Henckel von Donnersmarck vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Tourist

di Lina
5 stelle

Probabilmente, ignorano in molti che questo film sia il remake in chiave più leggera e ironica del mediocre thriller francese: “Anthony Zimmer”.

 

Strano che a Hollywood abbiano scelto di rielaborare proprio un soggetto europeo poco noto.

 

Purtroppo, nonostante un’influente pubblicità, questo “The Tourist” non si è rivelato quel gran film che tutti si aspettavano di vedere. Donnersmarck non è riuscito a sorprendere. Ha realizzato un lavoro piuttosto dozzinale e dilettantesco.

 

Innanzitutto, non è riuscito a collocare bene la pellicola in nessun genere. Così, ne è venuto fuori un ibrido tra thriller e commedia, mentre il pubblico sperava in un thriller incontaminato ricco di azione, adrenalina, mistero, tensione a go-go e sesso alla “Basic Instinct”. Insomma, non si aspettava di certo un prodotto che avesse invece lo stile di un cinepanettone con pochi sprazzi di suspense.

 

Poco prima che uscisse nelle sale, è stato paragonato addirittura a “Intrigo Internazionale” ed è stato vociferato che possedesse un tocco di giallo in stile Hichtcock e come se non bastasse, una scena hot sotto la doccia tra due dei più noti e apprezzati sex symbol di questa era: Angelina Jolie e Johnny Depp.

 

Tutte premesse illusorie e forse strategiche, per ottenere tanta pubblicità e attenzione.

 

Eppure, nella trama, un pizzico d’Intrigo Internazionale c’è dato che vediamo alcuni agenti americani dell’Interpool cercare per tutto il mondo un criminale algerino che si nasconde chissà dove e c’è perfino un tocco di giallo (non proprio geniale però) riguardo alla doppia identità del succitato algerino, che ormai neppure la sua fidanzata riesce più a riconoscere perché ha cambiato il suo aspetto con delle plastiche facciali. Inoltre, il glamour veneziano onnipresente e la sua paesaggistica si rivelano un gradevole contorno insieme a una colonna sonora gradevole e adeguata.

 

La trama, i requisiti per funzionare bene li possedeva tutti, ma è stata orchestrata male attraverso trovate abusate e prevedibili. Già attraverso alcuni dialoghi non è difficile comprendere quali siano i suoi misteri e tranelli psicologici.

 

La narrazione è ambigua e a tratti noiosa, con alcuni cali di ritmo; le sequenze di azione sono pochine (e neanche memorabili, purtroppo, se non fosse solo per la scena in cui Frank scappa sui tetti e fa poi cadere in acqua Nino Frassica, che dopo un: “no but”, gli dà tanto di “cornuto”) e i momenti di suspense sono ridotti al minimo, con sequenze di una banalità estrema. Donnersmarck ha commesso il grave errore di riscrivere la buona sceneggiatura stilata da Julian Fellows e Christopher McQuarrie, densa di dialoghi efficaci e scene succulente. Dio solo sa perché ha voluto modificarla semplificandone la struttura e i contenuti.

 

Il cast misto di star del cinema americane e italiane suscita curiosità – è stato cambiato più volte perché altri attori noti come Tom Cruise, Sam Worthington e Charlize Theron hanno abbandonato il progetto – ma la recitazione lascia a desiderare. Non ha la giusta naturalezza e intensità, gli attori sembrano quasi divertiti come le macchiette di una farsa. L’unico credibile è Steven Berkoff, nei panni di un capo mafioso russo.

 

Si salvano un pochino forse solo Raoul Bova, piazzato verso la fine del film, perché possa pronunciare le sue poche battute utili a confondere lo spettatore sull'identità del personaggio di Alexander Pearce; Paul Bettany - godibili i momenti in cui sembra diventar matto per l'ossessione di dare una buona svolta alle sue indagini  e Timothy Dalton, in un ruolo breve ma incisivo ed efficace.

 

Depp, invece, è stato una delusione. Decisamente sottotono e imbolsito – ma per carità, è stata una sua scelta cinematografica ingrassare perché il suo personaggio doveva apparire brutto e impacciato per volere di copione - si rivela bravo solo nelle scene comiche, ma per il resto non convince molto.

Inadeguata anche la Jolie. Si può sinceramente dire che una statua di cera sarebbe stata più espressiva di lei. Troppo algida, rigida e incapace di emozionare.

 

Insieme sono una coppia improbabile sul set. Non hanno alchimia, non sprigionano la men che minima sensualità insieme. La loro collaborazione è stata più che altro ironica e faceta, ma dal duetto di due grandi star internazionali del cinema era naturale aspettarsi delle scintille che invece non ci sono state.

 

La storia d’amore tra i loro personaggi, Frank / Alexander ed Elise, è piatta e imbottita di una freddezza esasperante perfino verso la fine. Durante l’unico abbraccio che ci concedono in tutto il film, sembrano affetti da paralisi, e la reazione di lei, quando finalmente scopre di avere davanti a sé il suo amato Alexander, è veramente deludente... i suoi occhi non battono ciglio neppure una volta e la sua espressione facciale rimane immutata. Inverosimile. Come si fa a non mostrare neppure una piccola smorfia in una situazione che richiede una forte dose di pathos? Perché il regista non le ha chiesto di smetterla di sembrare imbalsamata?

Forse è accaduto perché era troppo impegnato a riprendere spesso la bellezza dei suoi abiti e di ogni sua parte anatomica: viso, dita, gambe, fianchi, occhi e labbra...

 

Nel complesso è uno spy-story un po’ fiacco, con dinamiche di trama per lo più inconsistenti. La classica occasione mancata, che avrebbe potuto essere e non è stata.

 

Florian Henckel von Donnersmarck avrebbe potuto far di meglio se avesse saputo osare di più.

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