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Biutiful

Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film

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La recensione su Biutiful

di giancarlo visitilli
4 stelle

Tutto ciò che sta sotto. Al di sotto del mare, o spiaggiato, come un delfino privo di vita. Sul mare. Poi, tutto in caduta libera. Compresa la vita di Uxbal.

E’ tragedia quella che Inarritu ambienta in una Barcellona, mai vista prima al cinema, così buia, merito della fotografia di Rodrigo Prieto. La strada percorsa da Uxbal è tutta in salita, priva di qualsiasi redenzione. Nessuna illuminazione. Anzi, tutti i percorsi sembrano illuminati dal buio. Perché con il buio, questo eroe tragico ha un rapporto speciale: attraverso di esso comunica con la vita nell'aldilà, colloquiando con i morti che di lì a poco raggiungerà. Padre di due figli, con in groppa il pericolo della morte, Uxbal lotta contro una realtà corrotta e un destino che lavora contro di lui, per perdonare, sopravvivere, amare. Cercando una soluzione che sia definitiva. Per sempre.

Il regista messicano, dopo la separazione dallo sceneggiatore Guillermo Arriaga, fa da sé e si focalizza su un’unica vicenda. Peccato però che dentro ci mette di tutto un po’. Non s’arresta mai nel suo desiderio di affossare. Dall’inizio alla fine del film si ricevono pugni nello stomaco, crampi nella pancia, mancanza di respiro, è eccessivo il dolore. Troppa la materia (compresa la celluloide). Tutto ruota intorno ad un corpo, più che ad un attore, un gigante, più che un padre disperato, interpretato magnificamente da Javier Bardem/Uxbal, premiato a Cannes 2010 e nominato all’Oscar, questa volta impegnato fra traffici illegali, clandestini cinesi e venditori ambulanti senegalesi. Come se non bastasse la cura che l’uomo deve avere nei confronti dei suoi due figli, Uxbal ha anche una moglie dalla personalità bipolare, con cui porta avanti un rapporto molto conflittuale. Ha due mesi per sistemare ogni cosa: tutto deve apparire quanto più ‘biutiful’, nonostante le miserie umane, fisiche e psichiche. Lo deve ai suoi figli. Peccato, però, che nel frattempo c’è il tradimento della moglie con il fratello di lui, il disseppellimento di suo padre, la tragica morte di decine di donne e bambini cinesi, a causa di una stufa che sin dalla prima inquadratura di essa si capisce sarà causa di qualcosa di tragico.  

Insomma, alla fine di Biutiful, la sensazione è quella di aver assistito ad una visione eccessivamente lunga e troppo caricata, tanto da apparire sgradevole e irritante. Un rigirare nel torbido, qualche volta anche nel retorico, con una serie di calcolate soluzioni drammaturgiche. Con un’unica vera conclusione: quel che manca è l’amore ai tempi di Arriaga/Inarritu (Amores Perros, 21 grammi e Babel).

Giancarlo Visitilli

 

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