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The Host

Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film

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La recensione su The Host

di munnyedwards
8 stelle

 

Nel cinema fantastico contemporaneo i monster-movie sono spesso considerati delle semplici opportunità per fare soldi, prodotti ben studiati a tavolino con l’unico scopo di generare blockbuster vincenti in grado di centrare gli obiettivi prefissati dal mercato.

E così spesso ci tocca fare i conti con pellicole che oltre ad un buon comparto tecnico e ad effetti speciali notevoli hanno poco da offrire dal punto di vista dei contenuti, del resto la domanda sarebbe più che lecita, in un film di mostri che contenuti, che spessore narrativo, che profondità di trama vai cercando?

La risposta arriva dirompente dalla Corea e da quel fuoriclasse della macchina da presa che risponde al nome di Bong Joon-ho, il suo The Host uscito ormai nel lontano 2006 riesce perfettamente a coniugare due elementi che in film del genere di solito sembrano inconciliabili, ossia il successo commerciale (clamoroso in patria) e una storia di spessore che caratterizza il film in modo determinante, innalzandolo al di sopra della media dei prodotti del genere.

 

Du-na Bae, Hae-il Park, Ah-sung Ko, Kang-ho Song, Hie-bong Byeon

The Host (2006): Du-na Bae, Hae-il Park, Ah-sung Ko, Kang-ho Song, Hie-bong Byeon

 

Corea del sud, Seul, fiume Han: Una non meglio definita organizzazione (forse militare) scarica nelle fogne una grossa quantità di prodotti chimici, tali veleni con il tempo creano una mutazione nell’ecosistema fluviale generando un mostruoso anfibio che di punto in bianco fa la sua comparsa gettando nel panico l’intera popolazione, ma soprattutto i frequentatori del fiume che vengono letteralmente travolti dalla ferocia della creatura.

La famiglia Park che vive grazie ad una piccola attività di ristoro proprio ai margini del fiume è tra le più colpite dalla tragedia visto che la piccola Hyun-Seo, figlia dello scansafatiche un po’ lento di comprendonio Gang-Doo, viene portata via dal mostro e scompare alla vista dei suoi cari.

Inizialmente data per morta la ragazza riesce tramite cellulare a contattare il padre chiedendo aiuto, ma il problema è che l’intera famiglia Park, creduta portatrice di un virus perché venuta in contatto con la bestia, viene tenuta in quarantena e quindi impossibilitata a muoversi.

Dopo aver cercato inutilmente di convincere le ottuse autorità mediche i nostri decidono di evadere dall’ospedale e di organizzare in prima persona un improbabile caccia al mostro, sarà l’inizio di un viaggio allucinante raccontato dal regista con il suo stile particolare, una messa in scena di grande impatto che fa della mescolanza dei generi il suo vero punto di forza.

 

scena

The Host (2006): scena

 

Bong Joon-ho si muove in un universo narrativo molto personale, il dipanarsi del racconto è incredibilmente fluido nonostante il continuo cambio dei registri, con naturalezza si passa da momenti altamente drammatici (ricchi di tensione e suspense) ad altri dove la commedia la fa da padrone, senza dimenticare una dimensione action che di colpo vira nell’horror più spinto, in tutto questo non può mancare quel tocco grottesco fatto di piccole cose, sguardi, gag, personaggi che danno quella spruzzata di surreale che completa un amalgama perfetta.

Il regista coreano aveva già dimostrato con Memories of Murder di saper mescolare influenze diverse, di dominare un contesto narrativo che non si limitava al ristretto campo del genere, ma che da quello partiva per ampliare un disegno che andava ben oltre, senza dimenticare un accurato lavoro sui personaggi, che alla fine restano il vero perno portante delle sue storie.

Nel thriller Memories of Murder c’era il confronto/scontro tra i due poliziotti sullo sfondo di un paese vinto dalla dittatura, qui abbiamo la forza dirompente degli affetti, una famiglia che combatte contro tutto e tutti per salvare la giovane Hyun–Seo; e la famiglia Park viene scandagliata nel profondo, fotografata perfettamente nelle sue individualità, quattro personaggi che lottano in un mondo che li opprime in ogni modo, accusandoli di essere portatori di un misterioso virus che forse neanche esiste e che per questo li bracca e li tortura senza pietà.

Ovviamente anche The Host è un film principalmente politico, di critica al sistema costituito, un meccanismo malsano che tra burocrazia e oppressione genera mostri che sono di molto più temibili di una creatura anfibia, nata comunque delle malefatte dell’uomo.

 

 

Ah-sung Ko

The Host (2006): Ah-sung Ko

 

Tecnicamente il film è una bomba, non si contano le sequenze da ricordare, dalla prima apparizione del mostro, alla poetica cena dei quattro membri della famiglia con improvvisa (e irreale) comparsa della piccola Hyun-Seo, dalle diverse scene d’azione impreziosite da un ralenti mai fine a se stesso ma anzi funzionale alla drammaticità dell’evento (quel tentacolo che porta via la bambina resta nella mente), per arrivare poi al drammatico finale o alla scena di tortura del povero Gang-Doo, interpretato da un sempre ottimo Song Kang-ho, attore feticcio del regista e tra i migliori della sua generazione.

Definire The Host un monster-movie corrisponde a verità, perché di fatto il genere è quello e su questo non si discute, ma sarebbe terribilmente riduttivo verso un opera complessa che nel corso della sua durata provoca emozioni contrastanti, lasciandosi ricordare per tutta una serie di cose tra le quali il mostro (tra l’altro tecnicamente ben fatto) è forse quella meno importante.

Dopo Memories of Murder, Snowpiercer e The Host posso dire di aver scoperto un autore, un regista di assoluto valore che merita la massima considerazione, a breve mi vedo anche Mother che ce l’ho in attesa da parecchio.

Voto: 8

 

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