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Lebanon

Regia di Samuel Maoz vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Lebanon

di Oss
4 stelle

Qualcuno ha scritto che il regista, per spiegare questo suo film autobiografico, avrebbe detto "avevo bisogno di perdonarmi". No, aveva bisogno di assolversi. O meglio, auto-assolversi. E presentare ai suoi connazionali e al mondo intero la superiorità morale della sua parte. Perché è vero, rappresenta la guerra come brutta sporca e cattiva, ma gli altri come ancora più brutti sporchi e cattivi.

Per me elemento imprescindibile di un buon film di guerra è il riconoscimento della parità del nemico, della sua dignità, umanità (cioè del suo essere uomo) che pure poi quando si tratta di uccidere o essere uccisi sono sopraffatte dalle ciniche regole dell'istinto di sopravvivenza. A meno che per ragioni di sceneggiatura il nemico non compaia mai. Ma un film di guerra che non riconosce dignità al nemico non è un film antimilitarista; è un film di propaganda, che spaccia per antimilitarismo un rimorso di coscienza che non riesce a nascondere la latente convinzione della propria superiorità morale. Ecco perché boccio questo film, come pure ho bocciato il pessimo Lettere da Iwo Jima.

Ci sono solo due scene in cui compaiono i nemici, chiamati ripetutamente "terroristi", e che cosa fanno? Agiscono come degli stupidi decerebrati e depravati. Nella prima, si lanciano con un ghigno feroce con un'automobile contro il carroarmato, in un tentativo illogico e assurdo, con l'unica funzione di preparare il terreno per la successiva esecuzione di un civile innocente. Nella seconda, usano senza nessun motivo plausibile degli ostaggi civili (della parte nemica, che ridere) come scudi umani per difendersi, attaccare, scappare? Boh, forse nemmeno loro l'hanno capito tanto sono stupide e insensate le loro azioni. Ecco, questo è il peccato imperdonabile di questo film, di questo regista, e della parte che rappresenta.

Non gli dò una stelletta solo per l'idea di rappresentare la guerra dall'interno di un carroarmato e offrire uno sguardo dell'esterno solo attraverso il suo mirino. Ma per favore, non chiamartelo realismo. E' finto realismo, finta pietà, solo un mezzo per imprimere delle immagini forti nella mente dello spettatore. Forse qui sono troppo severo perché la coerenza all'idea iniziale della guerra vissuta dall'interno del carroarmato sarebbe stata troppo penalizzante, ma è giusto dire che la guerra non è così. Un puntatore non indugia su un asino morente che piange, perché questa licenza di tenerezza gli potrebbe costare la vita; e l'equipaggio non farebbe mai entrare nell'abitacolo un estraneo, pure falangista (che ridere). Un soldato nel bel mezzo di un'azione di guerriglia urbana non si soffermerebbe mai a coprire una donna ignuda. Un superiore non raccomanderebbe mai al suo comando di portare i saluti di un suo sottoposto alla madre nel bel mezzo di una comunicazione sulle operazioni comandate. E potrei andare avanti ancora per un bel pezzo. Un film di guerra vera non eccede in simili scenette patetiche e inverosimili. Ma qui parliamo dell'esercito più morale del mondo. Tutto è perdonato, tutto è assolto, tutto è auto-assolto.

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