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Lebanon

Regia di Samuel Maoz vedi scheda film

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La recensione su Lebanon

di supadany
8 stelle

VOTO : 6/7.

Non ce lo doveva certo venire a dire Samuel Maoz che la guerra è uno schifo, ma in ogni caso è riuscito nel suo obiettivo di marcare in maniera molto forte questo concetto.

Giovani, in questo caso rinchiusi all’interno di un carro armato, e solamente tramite esso lo spettatore vede cosa succede al di fuori, che si trovano per la prima volta, e non c’è addestramento che tenga, obbligati ad uccidere per sopravvivere, gettati nella mischia senza un valido supporto quando entrano a contatto con le linee nemiche (tanto che comanda se ne sta al sicuro, lontano dal pericolo).

Ed intorno la morte e la desolazione, la violenza universale, causata da bombardamenti che non fanno distinguo alcuno tra i civili ed i veri nemici.

Il film è riuscito, perché demarca in maniera convincente il succo del discorso, alcune immagini, soprattutto nella prima parte (la lacrima che scende dagli occhi dell’asino morente, ma soprattutto la donna che si ritrova all’improvviso a vagare stordita dopo aver perso la sua famiglia), non si dimenticano facilmente.

Come non si dimentica la paura dei ragazzi che si sentono ad un passo dalla fine per una guerra, come sempre sporca, che non è certo la loro.

Poi è anche vero che non mancano i difetti; sicuramente non era facile girare un film con un’unica soggettiva (al contrario di una pellicola simile per impostazione come il notevole “Belva di guerra” che però non era così rigido, forse anche per mezzi tecnici diversi), ma il minutaggio è un po’ troppo risicato (82 minuti effettivi) e non tutte le situazioni sono fondamentali per il riempimento della trama.

Rimane comunque un film sostanzialmente importante che racconta fatti passati, ma che si ricollegano con efficacia al presente per il tema portante.

Forse il Leone d’oro a Venezia 2009 è stato un premio eccessivo, ma il suo compito l’ha portato a termine con successo.

Claustrofobico e sporco.

Su Samuel Maoz

VOTO : 6/7.
Ci mette la sua esperienza personale di vita e riesce a tenere in maniera convincente la scena dall'inizio alla fine (con qualche pregevole acuto e qualche passaggio marginale), anche se un maggiore vigore non sarebbe guastato.

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