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Lourdes

Regia di Jessica Hausner vedi scheda film

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giancarlo visitilli

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La recensione su Lourdes

di giancarlo visitilli
8 stelle

Felicità è tenersi per mano andare lontano la felicità… E’ il tuo sguardo innocente in mezzo alla gente la felicità”. Non c’era testo più profano di questo che potesse commentare in modo straordinario questo importantissimo film, presentato in anteprima mondiale all’ultimo Festival del Cinema di Venezia e che non finisce di entusiasmare il pubblico e la critica di ogni paese. E’ un film che piace ai credenti e agli atei, ai figli di Dio e ai figli degli uomini. Per questo, è fortemente spirituale.

La storia è quella di Christine, giovane ragazza confinata su una sedia a rotelle. Nel tentativo di ricevere il miracolo, l’unico che potrebbe farle cambiare la sua vita, Christine compie un pellegrinaggio in uno dei più grandi e più affollati luoghi della spiritualità del mondo, Lourdes. Qui riesce a vivere, come tutti i pellegrini, quella sorta di (auto)suggestione, forte emotività, caricata dalle tante pratiche religiose che spesso fanno gridare al miracolo. Il pellegrinaggio è guidato da un quarantenne, un volontario dell’Ordine di Malta. Finanche l’interesse e la cura di quest’ultimo nei confronti di Christine apparirà come un altro miracolo. Perciò, intorno alla ‘miracolata’ si concentreranno la curiosità, l’invidia e l’ammirazione per essere stata “graziata” dalla Madonna.

Dopo un lungo lavoro di convincimento, da parte della giovane regista, Jessica Hausner, nei confronti delle autorità ecclesiastiche, a concederle i permessi per filmare i luoghi sacri, il lavoro ultimato è un documento importante su quanto non era mai stato detto, soprattutto nella ‘religiosissima’ Italia, sul miracolo. Una riflessione laica, obiettiva, implacabile, che mostra ma non fa vedere (come le tantissime inquadrature sovrastate da colonne, muri e tende che impediscono di osservare, ma non di capire) quel che accade in una sorta di danza di anime disperate e felici. La Hausner utilizza uno stile molto personale, sebbene i richiami a Ordet siano travisabili, ma non fondamentali. La regista austriaca studia tutto nei minimi particolari, e tutto diventa metafora di un pensiero, trattandosi di una dialettica in cui gli opposti si materializzano nella visione di potenti ossimori. Della protagonista Christine non sentiamo mai il nome, nel corso di tutto il film, quasi per sottolineare l’indicibilità del miracolo e della miracolata, quest’ultima da studiare, analizzare e preservare. Interpretata da un’attrice di una bravura incredibile, Sylvie Testud (ha lavorato con veri ammalati di sclerosi multipla), Christine è l’unica pellegrina, nel gruppo di cui fa parte, ad essersi recata nella cittadina mariana, senza cercare qualcosa di preciso. Tant’è che la miracolata vivrà il suo primo giorno da donna normale, godendosi un’infelicità instabile come le sue gambe, fra “un bicchiere di vino con un panino”, e la compagnia di un uomo, ovvero la Felicità secondo Al Bano.

Il meraviglioso e unico miracolo che avviene nel film è la sorpresa con cui lo spettatore, alla fine, si alza e lascia la sala con i pesanti dubbi che appesantiscono i suoi passi: Christine è caduta? E’ inciampata? Ha avuto semplicemente un capogiro? E il miracolo, quindi, è avvenuto o no? E perché, allora, il suo sorriso e la sua felicità (con tanto di sottofondo musicale) mentre si mette a sedere sulla sedia che l’aveva tenuta immobile per tanto tempo? Irrazionalità e speranza, bigottismo e disillusione, devozione e antidoto, fanno di questo film un capolavoro del cinema moderno, capace di parlare di noi e di loro, ma anche di quelli che arrancano fra la vita e la morte, con l’unica certezza, il dubbio, da adesso, e fin nell’ora della nostra morte.

Giancarlo Visitilli

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