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Drag Me to Hell

Regia di Sam Raimi vedi scheda film

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La recensione su Drag Me to Hell

di mc 5
10 stelle

Si vede che, consciamente o inconsciamente, avevo proprio bisogno di vedere una pellicola come questa, perchè mi sono proprio divertito, senza "se" e senza "ma". Il vecchio buon Sam Raimi, che seguivo con interesse, curiosità e passione ai suoi esordi, è tornato agli antichi splendori dei suoi avventurosi inizi, realizzando un piccolo horror da manuale. Il bello di questo film è poi che obbedisce a diversi criteri, nel senso che può piacere fino in fondo sia al ragazzotto in cerca del popcorn-movie spensierato, ma può appagare la passione del cinefilo horror più sgamato. E questo perchè la regìa di Raimi è geniale, la sceneggiatura (firmata dallo stesso Raimi a quattro mani col fratello Ivan) è furba e sapiente, e poi la scelta del cast è decisamente felice, a partire da una grandiosa Alison Lohman che aderisce al temperamento della protagonista in modo semplicemente perfetto. Oltrettutto, la Lohman è proprio l'attrice giusta, graziosissima ma lontana miglia da un'estetica da pin-up, in grado di offrire una fisicità perfettamente in linea, quanto ad immagine e posture, con la tipica ragazza di provincia tanto graziosa ma anche a tratti goffa e imbranata: un'interpretazione, nel suo piccolo, magistrale. Dicevamo di un Raimi in grande spolvero. E qui devo dire che non sono mai stato un super fan di Spiderman. Voglio dire che Raimi, nelle vesti di cineasta da blockbuster sbanca-botteghini, non lo avevo mai visto di buon occhio. Intendiamoci, lui ha sempre mostrato talento da vendere, anche alle prese con budget miliardari, ma il succo è che i giocattoloni digitali hollywoodiani, ormai (chi più chi meno) mi danno i sintomi dell'orticaria. Ma resta comunque un dato di fatto. Se un regista arrivato all'apice del successo (nel senso che ha fatto i soldi veri) se ne esce poi con una genialata come questa, così "frizzantina" e stimolante, ciò significa che l'uomo non si è perso, e che è ritornato il "cineasta sognatore" di quando cominciò. E in questo lo accomuno ad altri registi (pochissimi per la verità) e precisamente Quentin Tarantino, Robert Rodriguez ed Eli Roth. Fatte salve le differenti attitudini ed esperienze, i quattro condividono un dettaglio in comune, che è poi una delle cose più belle e rare che che si possano individuare in chi fa cinema. E cioè un vago sapore di innocenza nello sguardo, che è rimasto poi lo sguardo di un fan, di chi torna bambino di fronte ai modelli che ha amato nella propria adolescenza e a cui non perde occasione per tributare omaggi ed affetto. Condizione questa che è rintracciabile a livelli macroscopici nell'approccio professionale di Tarantino. E questo sguardo puro che accomuna i registi citati è lì a testimoniare che si tratta di cineasti che amano sul serio il Cinema e -questo è il punto- non solo il LORO cinema, nel senso che non si avvitano attorno al loro narcisismo d'autori, ma, al contrario, spudoratamente e fanciullescamente, offrono ogni loro prodotto come un atto d'amore sacrificale verso quel Cinema che ha probabilmente salvato loro la vita. Adesso qualcuno mi osserverà che ho utilizzato concetti ideali troppo elevati visto che stiamo parlando di un "filmetto" horror. La mia replica è perfino banale: l'horror è un filone nobilissimo, nulla di legato ad un concetto di cinema "minore", ne sono testimoni Maestri del Cinema che alle prese con questo genere hanno dato il meglio di sè (da Kubrick a Polanski), per tacere poi di attori che sono entrati nella leggenda come Vincent Price. Dopo un breve ma concitato e suggestivo prologo, assistiamo, in un certo senso, ad un secondo prologo che ci introduce praticamente fin dalla prima scena ai personaggi e all'essenza della vicenda. Questa sequenza (quella all'interno della banca, che vediamo -ahimè- spiattellata quasi per intero nel trailer) ci mostra l'incontro fra Christine (la protagonista) e la zingara-mostro. Durante la visione ho avuto la percezione di una notevole attenzione ai dettagli, come se il film fosse disseminato di tanti piccoli "segnali" che possono facilmente sfuggire, ma può darsi che sia una mia impressione. Raimi, inoltre, è riuscito a compiere un doppio piccolo miracolo. Uno l'ho già detto (film rivolto sia a esigenti frequentatori del genere sia ad un pubblico "massificato"), ma c'è dell'altro. Il film racchiude diversi elementi ricorrenti dell'immaginario horror (sedute spiritiche, cimiteri, caproni, insetti, sacrifici, maledizioni, etc etc) e dunque come horror ha tutte le carte in regola...eppure trasuda ironìa leggera; dove sta il miracolo? evidentemente nel risultato che l'ironia diverte lo spettatore pur senza togliere un grammo alla seduzione "orrorifica" del prodotto. In soldoni: il film spaventa e diverte, con risultati eccellenti su entrambi i fronti. La storia è semplicissima e la si può intuire in buona parte dal trailer. Una giovane bancaria non può, non sussistendone i requisiti, accordare la proroga di un prestito ad una anziana cliente, una gitana dall'aspetto decisamente sinistro (personaggio costruito magnificamente dai fratelli Raimi!). Costei reagisce andando fuori di testa e lanciando anatemi da delirio contro la timida impiegata. E da lì prende le mosse la prevedibile discesa agli inferi della dolce Christine. In questo "teatro degli orrori" che le sconvolge la vita, vediamo scorrere, oltre al suo pragmatico fidanzatino, tutta una una galleria di personaggi che (volutamente) ci appaiono uno più stupido ed antipatico dell'altro. Cominciamo dalla banca in cui Christine lavora. Qui troviamo un direttore di filiale insulso, superficiale e privo di qualsiasi afflato umano, coadiuvato da un neo-assunto di origini cinesi che, nella sua spudorata ruffianeria di carrierista, ti verrebbe voglia di massacrarlo. Proseguiamo poi con una medium squinternata e sopra le righe, affiancata da un mago la cui condotta è sempre in bilico sul filo della cialtroneria e della veggenza farlocca. E poi abbiamo i genitori del fidanzatino, insopportabili nella loro formalità borghese (ma verranno poi rivoltati come calzini nel corso di una cena esilarante in cui Raimi scatena la sua fantasia!). In definitiva, il film racconta la lotta estrema di Christine per debellare il malocchio che la vecchiaccia le aveva appioppato all'inizio. Io non ho altro da aggiungere, se non rimarcare quanto è carina Alison Lohman. Un plauso finale agli amici della Lucky Red che, tramite la sua affiliata Key Film, conferma una volta di più di sapersi muovere in modo intelligente e diversificato nell'ambito del mercato cinematografico. 
Voto: 10

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