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Il padre dei miei figli

Regia di Mia Hansen-Løve vedi scheda film

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La recensione su Il padre dei miei figli

di OGM
6 stelle

Quant’è noioso questo moderno “realismo” familiare. E che tedio questi drammi diluiti nella quotidianità, con i traumi che si affrontano a suon di “abbracciamoci”, “rimbocchiamoci le maniche” e, magari, “facciamoci una bella vacanza”. Questa elaborazione del lutto, del tradimento, del fallimento come missione collettiva sembra la controparte cinematografica degli spot televisivi dei biscotti per la colazione, dove, però, anziché sedersi allo stesso tavolo, grandi e piccini intraprendono uno zelante girotondo intorno all’evento imprevisto e nemico della loro comune felicità. La morte è qui vissuta come un problema pratico, che interrompe le abitudini dei  sopravvissuti, e magari li mette nei guai: il marito e padre di famiglia che, improvvisamente, si suicida, lascia dietro di sé conti da pagare, lavori da ultimare, figli segreti, errori inconfessati. Il percorso del dolore è segnato dagli oggetti:  le fatture in sospeso, le lettere che riemergono da un cassetto,  i contratti inevasi sono i totem di un itinerario che sembra non attraversare l’anima, perché, anziché passare per la sofferenza causata dall’enorme vuoto che la perdita apre nell’intimo, si esaurisce in preoccupazioni concrete, nell’affanno con cui si cerca in tutti i modi di rimediare ad un’assenza. I film lasciati a metà da un cinematografaro pasticcione e irresponsabile – e non i beni della sua eredità affettiva – sono, per la sua giovane vedova, i tesori da salvare ad ogni costo. Le père de mes enfants, pur  essendo un’opera diligente e attenta sotto i profili tecnico e narrativo, ha un sapore sgradevolmente adulterato: è infatti proprio brutta questa celebrazione borghese e consumistica della settima arte, ridotta, come le merendine preconfezionate, ad un prodotto che reca benessere, e rende i figli orgogliosi della bravura e del successo del loro papà.

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