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Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film

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La recensione su Agora

di leporello
4 stelle


Piccolo, kolossale disastro del pur bravo Amenabar, cui va riconosciuto unicamente il merito di aver

disseppellito la storia di questa eroina praticamente sconosciuta e al quale, tolto qualche pregevole scelta

prospettica con la camera che (digitalizzazione alla Google Earth a parte), si sforza di guardare ora

dall'alto, ora dal basso (per di più dall'alto), ora rovesciata, la vicenda in una Alessandria d'Egitto

freddamente computerizzata alla bell'e meglio, va caldamente consigliato di accantonare l'idea di fare

film in costume più o meno kolossali e tornare ad idee originali come furono le sue scelte precedenti.
In un film totalmente, clamorosamente maschio, la nivea Rachel Weisz è l'unica  figura femminile

presente non solo nella vicenda, ma anche  in tutte le scene nessuna esclusa (se si eccettuano un paio di

vestali inquadrate di spalle dedite allo smorzamento dei moccoli in prefettura....). Il che, non so se sia

stato voluto dal regista, ma sortisce l'effetto di una clamorosa stonatura, mutando misteriosamente il

ruolo di Ipazia da quello di protagonista a quello di intrusa.
Tra lo stuolo di maschi, invece, Oreste-figlio-di-Oreste (non oso chiedere nonni e cugini come potessero

chiamarsi)/Oscar Isaac, gigioneggia parecchio e troppo,  Sinesio/Vanesio, un Rupert Evans simil-Brad

Pitt (ma con l'asse degli occhi più corto) comincia con la capigliatura tagliata con la scodella e finisce

vescovo di-non-so-dove, che a uno che ricorda Brad Pitt, la parte del vescovo gli si addice poco o

niente.... Cirillo, dotato a spillo pel godimento dei moscerini (goliardata locale, se non la capite, va

bene lo stesso...) protovescovo e futursanto serve giusto a mettere un segno sull'agenda di chi vorrebbe

con orgoglio rivendicare all'Europa le sue radici cristiane.
Per il resto, a parte che, contrariamente a qualche critico, ritengo che il vero limite del film sia il non

aver voluto fare una vera (per quanto artificiosamente ricostruita) biografia di Ipazia, la ricostruzione

storica è troppo ingolfata di truculenti scannamenti, essendo i quali perdipiù derivanti da dispute

religiose, per un Ipaziano come me sono totalmente incomprensibili prima ancora che indigeribili.

L'esasperata digitalizzazione, dato il conteso, ha dei rimandi obbrobriosi: l'assedio alla bibiloteca da

parte dei cristiani assomiglia tanto agli orchetti del Signore degli Anelli di Jackson, tutti neri neri,

moltitudini sterminate.... E manca totalmente (colpevolmente? consapevolmente?) un qualsiasi tentativo

di spiegare o anche solo di mostrare perchè e come il cristianesimo abbia potuto prorompere nella storia

e nella storia d'Egitto, nessun percorso di conversione tra i pur tanti converticoli (ma si dice, converticoli?!) , nulla di nulla, tutto affidato al ghigno cruento e sdentato del p(h)arab(U)lano Ammonio (l'israeliano Ashraf Barhon è forse il migliore del cast) e il resto affidato alle spade, ai sassi e ai bastoni.
La musica, totalmente sbagliata nel suo ridondare per nulla, merita un capitolino a parte....
Io personalmente avrei pensato ad una versione riveduta e corretta di Pino Daniele, una cosa tipo quella debitamente postata alla voce "colonna sonora".

Sulla colonna sonora

Je so' Ipazia, je so' Ipazia
e vogl'essere chi vogl'io
voglio studiare l'astronomio.
Je so' Ipazia (ah!), je so' Ipazia
nun m'avessero fatto fretta
gli inventavo la bicicletta....
E lo so che tenghe raggione
o' dice pure papà Teone:
"Galileo, a confront'a tte, è solo nu povero uagliòne"
E Bagnasco questa volta non mi deve lapidare
perchè je so' Ipazia, ah-ahhhhh
je so' Ipazia.....ahhhhh
Salut'a Papa Ratza.

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