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Il profeta

Regia di Jacques Audiard vedi scheda film

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La recensione su Il profeta

di RobertoMangiafico
9 stelle

“L’idea è uscire meno coglione di quando sei entrato”. La folgorante carriera criminale di un giovane dropout di origine araba cresciuto alla scuola carceraria della malavita.

Tahar Rahim

Il profeta (2009): Tahar Rahim

Gangster movie e film carcerario, con uno sguardo realista al mondo dell’immigrazione maghrebina in Francia, Il Profeta (2009), l’apice (per ora) del cinema di Jacques Audiard, svolge i fili di un plot trascinante che rivisita il topos cinematografico dell’ascesa criminale. Il diciannovenne franco-arabo Malik El Djebena, piccolo delinquente semianalfabeta vissuto in orfanotrofio, sconta in carcere una condanna a 6 anni per l’aggressione a un poliziotto. Sotto minaccia di morte, il giovane è costretto dall’anziano e spietato capoclan còrso César Luciani a uccidere un detenuto arabo ricevendo in cambio protezione. Trattato inizialmente dal còrso, il padrino della prigione, come uno schiavo personale, Malik impara a leggere e a scrivere e riesce col tempo a guadagnarsi la fiducia del boss ottenendo col suo aiuto condizioni di detenzione più sostenibili. Il ragazzo entrato nella “Centrale” di Brécourt spaurito e inesperto si trasforma in pochi anni in un uomo accorto e sicuro di sé capace di portare a termine con successo gli incarichi affidatigli dalla mala còrsa e di gestire in proprio, anche con la violenza, traffici e spaccio di droga. Puntando su astuzia, dissimulazione e coraggio, rischierà il tutto per tutto per diventare il capo della gang araba antagonista dei còrsi e affrancarsi dalla sottomissione al suo protettore-persecutore. Ricco di situazioni intricate e avvincenti, di personaggi minori abilmente caratterizzati, di dinamiche ben congegnate, il film descrive con grande efficacia e tensione narrativa l’educazione criminale del protagonista, la sua capacità di adattamento all’ambiente carcerario, il mutamento interiore, i fantasmi, in senso letterale, dei suoi sensi di colpa e il turbinio di eventi che ribalterà la sua esistenza di emarginato. L’universo carcerario è raccontato con un punto di vista amorale come un luogo di sofferenza, umiliazioni, corruzione e violenza dove a chi lotta per la sopravvivenza e la realizzazione personale non rimane che seguire la strada del crimine. Eccellenti le performance attoriali del pressocché esordiente Tahar Rahim (Malik) e del monumentale Niels Arestrup (Luciani). La brechtiana Mack the Knife cantata sui titoli di coda da Jimmie Dale Gilmore ci avverte che è nato un nuovo Mackie Messer, un altro pescecane del crimine. Una chiusura di sipario perfetta per il duro e potente film di Audiard, il più talentuoso tra quanti hanno raccolto, attualizzandola, l’eredità del polar francese. Due ore e mezzo di spettacolo che sembrano durare la metà e ti mandano a letto soddisfatto come dopo una sontuosa cena. Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes nel 2009.

Tahar Rahim, Niels Arestrup

Il profeta (2009): Tahar Rahim, Niels Arestrup

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