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Welcome

Regia di Philippe Lioret vedi scheda film

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La recensione su Welcome

di leporello
6 stelle

Certo che…pretendere di voler fare di un kurdo un campione di nuoto, è un po’ barzelletta come quella dei giamaicani campioni di bob a quattro… Ma al di là della battuta, in vago odore di razzismo oltremodo becero, il buon Simon d’oltr’alpe, protagonista del film,  anche lui alla prese col suo bel Monsieur le President (il marito della Carla) e le beghe che costui procura alla coscienza della gente per bene (disponendo cinque anni di galera per chi “favorisce” l’immigrazione clandestina) non trova una via decisa al cuore dello spettatore, e forse non centra in pieno né il bersaglio della questione sociale, né quello inquadrato con le storie sentimentali  “di condimento”. Per via forse di una regia per nulla estrosa, o forse per l’espressione falso-malinconica e non troppo eroica (e neppure anti-eroica) di Vincent Lindon, o magari solo perché (di nuovo!!!!) è così fastidioso dover sopportare fin dai primissimi fotogrammi  l’assurdità di un doppiaggio che dà agli immigrati kurdi-francesizzandi lo stesso accento di Peter Sellers quando parlava industano in Hollywood Party (e pure quando parlano tra di loro kurdi, ma sarà possibile?!?!), in ogni caso quest’opera seconda di Philippe Lioret fatica, non meno della prima , ad emozionare, ad alzare il livello di pathos e a coinvolgere lo spettatore, percorrendo una serie di tappe narrative ed emotive con piattezza troppo esatta e uno stile troppo pulito, per niente libero, senza lampi, o tuoni,  o schizzi di fango che “sporchino” un po’ gli abiti candidi delle coscienze prima che queste, con la sofferenza e con l’estremo sacrificio ultimo di Bilal,  si purifichino dal male dell’egoismo.
Welcome è, tutto sommato, un discreto film, a partire dall’indovinato titolo mutuato dall’umile, celeberrimo zerbino, i cui meriti non vanno comunque taciuti. Un film che nelle intenzioni è sicuramente più riuscito che in sala, e che comunque butta il suo messaggio dentro la bottiglia nella grigia Manica che divide i “noi” da i “loro”, ad arginare questa montante, pericolosa voglia (esigenza, dirà qualcuno…. Sic!) di discriminazione.
La colonna sonora, nonostante lo zampino di un guru come Piovani, non contribuisce a migliorare il livello emotivo del film, mentre, tra i pochi dialoghi da dover ricordare, spicca senz’altro la battuta del giudice che rilascia Bilal al suo primo arresto, e che di fronte alla richiesta dell’avvocato d’ufficio che, sottolineata la condizione di minore dell’imputato ne ricorda il diritto di essere inviato in un “centro di accoglienza”, risponde grave:
- Avvocato, sono sicuro che questa è l’ultima cosa che l’imputato desidererebbe per sè. L’udienza è tolta - . Welcome.

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