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The Reader. A voce alta

Regia di Stephen Daldry vedi scheda film

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La recensione su The Reader. A voce alta

di Lehava
6 stelle

Mi capita spesso, passeggiando per le vie di Stoccarda o discorrendo con amici tedeschi, di soffermarmi a pensare: "Come hanno potuto permetterlo? E' vero, le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, eppure, non so, mi manca un mattone. Non ce la faccio a capire. Che facevano in quegli anni i nonni, gli zii, i cugini? Ebbero parte attiva all'orrore? E se anche così non fosse stato, perchè non si ribellarono? Silenzio assenso.  Che uccide." Guardo nei loro occhi e non riesco a trovare le risposte. Non c'è dialogo. Appena si accenna, anche lontanamente, all'argomento, ecco, si ritraggono come tartarughe nel guscio. E sei tu a sentirti in errore. Quando invece, non dovrebbero essere loro i colpevoli? Oppure no? Tempo e generazioni guariscono anche questo?

Certamente "The reader" non è un film banale. Perchè tratta di un argomento che, sembra quasi impossibile a credersi, ancora oggi è in qualche modo inesplorato: il senso di colpa collettivo, la condanna della Storia su un popolo. La voce del giovane studente di legge che arrabbiato grida in faccia al professore, e hai propri colleghi : "come è potuto accadere? Cosa c'è da capire, se 300 ebrei (il caso giuridico qui analizzato) sono bruciati vivi senza che nessuno intervenisse per salvarli?" è la voce della coscienza, un fantasma che aleggia sui vivi e sui morti, per tutta la seconda parte della pellicola. Cosa ribattere a quello studente? Ancora oggi nessuna risposta riesce ad essere pienamente esaustiva. Forse solo la filosofia, ed in parte la psichiatria,  potranno aiutarci ad intravedere una flebile luce tra le ombre. La banalità del male in "The reader" ha il volto dolce e smarrito di Hanna. Che ripercorre il proprio operato senza una reale comprensione dell'orrore. Che pedantemente ricorda i compiti a lei, ed alle altre sorveglianti,  assegnati, che ammette tutto perchè nulla a suoi occhi appare veramente sbagliato. Che smarrita accetta, ma non capisce, la condanna. E Michael? Il giovane, inesperto "ragazzo" diventato quasi uomo? Michael è terrorizzato: lui ama Hanna, Hanna è il male, lui ama il male: il sillogismo non fa una piega! La sua mente è in fiamme, il suo cuore sanguina. E' smarrito perchè sa razionalmente di essere stato vittima eppure si sente irrazionalmente colpevole. E' confuso: la condanna morale è inevitabile, ma quella giuridica? Perchè Hanna a tutti gli effetti è vittina essa stessa di un errore: non fu lei a scrivere il rapporto, non lei, analfabeta. Eppure Michael  non segnala la discrepanza alle autorità: la morale prevale sulla legge. Ed in fondo è così anche per Hanna: è forse una ammissione di colpevolezza, la sua? Una estrema comprensione dell'abisso? Che la spinge a farsi carico delle colpe collettive, lei che colpevole è, comunque? Belle domande, veramente. Perchè in quell'aula di tribunale ci stà un altro aspetto interessante di "The reader": la scissione, necessaria, fra morale e legge. La domanda non è: " Era giusto?" bensì "Era lecito?" - questo puntualizza il professore, questo è il ragionamento giuridico. Da Norimberga in poi. Ed è compito degli uomini di legge farlo. Ancora, forse non è "giusto", certo non è facile, ma così deve essere.Eppure il povero Michael si aggira tra le baracche di Auschwitz cercando un senso alla tragedia. 

E' evidente che ritengo la seconda parte del film di gran lunga migliore della prima. Sarà per miei "interessi" storici, sarà perchè il giovane attore che interpreta Michael non mi ha convinto. Forse perché trovo alcune parti della sceneggiatura inutili e prolisse (le scene a scuola per esempio). Resta molto di inespresso, forse volutamente, forse no, anche nel rapporto Michael/Hanna. Che non sia amore, per nessuno dei due, è ovvio. Ma che cos'è allora? Un miscuglio di attrazione erotica, solitudine, incomunicabilità. Forse inaffettività, malcelata, respinta. Nata come una relazione ossessiva, si perde, per poi riesplodere prepotente con il processo. E' il fascino del male dunque? Magari.

Movimentata da alcuni flashback la sceneggiatura si compatta nella seconda parte e tutto sommato regge sotto il peso di una narrazione che si protrae per più di 30 anni. Pellicola comunque un po' troppo lenta e discontinua. Fotografia appropriata, senza però nessun guizzo di genio. Personalmente l'ho trovata un po' "banale" soprattutto nella prima parte, nelle scene di nudo. La qualità stà tutta nelle interpretazioni ovviamente (vedi sotto). Nel complesso un buon film. Ma, manca qualcosa. Secondo me, il cuore, nella regia. Forse si sarebbe dovuto azzardare di più, una mano più partecipe, nella accusa e nella pietà. Alla fine, non emoziona mai veramente. Anche il sonoro e la colonna sonora non aiutano in tal senso. Un vero peccato.

Su Kate Winslet

Bravissima, e c'è da ribadirlo? D'altronde, se si tratta di tenore drammatico, lei c'è, e si vede, e si sente! A volte parte un po' per la tangente ma qui è misurata e credibile in ogni scena. Usa del proprio corpo imperfetto, quasi irriconoscibile, magro e a tratti senza grazia, con una sicurezza meravigliosa.  Gli occhi, specchio dell'anima.

Su Ralph Fiennes

Sofferente e spaesato. Sottovalutato

Su Bruno Ganz

Questa è classe

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