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Regia di Ursula Meier vedi scheda film

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di maurizio73
8 stelle

Quando sulla traccia viaria che costeggia la loro casa tra i campi della provenza viene finalmente ultimata e inaugurata una trafficata superstrada, un nucleo familiare si trova costretto dapprima a convivere con la paradossale situazione che si viene a creare tra isolamento, difficoltà logistiche e insostenibili rumori di fondo e successivamente con il disperato tentativo di una asfittica reclusione all'interno di una invivibile prigione domestica. Finale liberatorio.
Attraverso lo sguardo implacabile di un assurdo disincanto sull'ordinario domestico che si trasforma nell'inevitabile paradosso di una metafora sulla frammentazione e l'isolamento sociale, negli effetti collaterali di una grottesca modernità dove perfino una fondamentale infrastruttura di trasporto e di mobilità viaria diventa il simbolo di un invalicabile confine fisico e culturale, la franco-elvetica Ursula Meier, puntando ad una lenta esasperazione sociologica più che alla drammatizzazione sociale, cerca di riprodurre la insanabile dicotomia tra natura e cultura nella storia (singolare ed esemplare) di una famiglia ai margini di una miope civiltà della comunicazione.
Partendo dai malcelati presagi di una minaccia incombente, affrontando lo shock di una iniziale convivenza forzata con il mostro 'd'asfalto e di lamiera' e ripiegando verso gli esiti di una alienante segregazione domestica si attraversano gli stadi di un impossibile adattamento umano agli effetti parossistici di una 'barriera ecologica' dove solo lo spregiudicato individualismo dei singoli (la figlia maggiore) consente una inevitabile via di fuga attraverso il flusso veicolare e dove ogni tentativo di adattamento biologico sembra destinato al fallimento (un congelatore nuovo per le derrate alimentari, i tappi per le orecchie, la razionalizzazione scientifica sugli effetti dell'inquinamento, il disperato e ultimo tentativo di difendersi dallo stress psico-fisico di un implacabile rumore di fondo). La strada congiunge e la strada divide nella stridente contrapposizione tra il sogno di una disperata dimensione familiare nell'eremo impossibile di un inferno domestico e la serenità bucolica di prati verdeggianti dove echeggiano i dolci suoni di una natura rasserenante ('noi non possiamo vivere in un prato!'). Indovinato equilibrio tra le istanze di una riflessione non banale sui paradossi della modernità e il rigore di un linguaggio dove gli elementi descrittivi assumono un inevitabile valore semantico (la strada che divide, la parabola puntata verso il nulla, la radio che magnifica i vantaggi della nuova via di collegamento, la casa trasformata nel lugubre mausoleo di una tomba domestica), l'esordio della Meier segna il passo di una straordinaria maturità artistica e della infaticabile vitalità di un cinema (quello francese) che rielabora i canoni del realismo secondo una direttrice allo stesso tempo contingente e universale. Non è un caso infatti che nell'opera prima di questa giovane autrice i protagonisti siano interpretati da due degli attori più rappresentativi del cinema d'oltralpe: il volto bonario e sconsolato di Olivier Gourmet (attore feticcio dei Dardenne) e la maschera dolce e penetrante insieme di una intensa e spiazzante Isabelle Huppert. Presentato nella Settimana Internazionale della Critica del 61º Festival di Cannes non ottiene nessun premio, ed è un vero peccato!

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