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La terrazza sul lago

Regia di Neil LaBute vedi scheda film

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La recensione su La terrazza sul lago

di Baliverna
8 stelle

La giovane coppia che si è appena trasferita in una villetta ha un vicino a cui sembrano stare proprio antipatici, nonostante questi cerchi di dissimulare il fatto dietro parole amichevoli ma ambigue. La sensazione, però, è immediata, ed è corretta.

Promosso, senza dubbio. E' una pellicola su un argomento originale che vanta una regia attenta e strumentale alla storia, con una sceneggiatura che scommette molto sulla definizione dei personaggi, e nulla sugli effetti speciali (che non ci sono). Ha anche il coraggio di far capire molto lentamente di cosa si sta trattando. Insomma, l'opposto della tendenza odierna del cinema di Hollywood.
Anche gli attori sono bravi, a partire dai due protagonisti. Samuel Jackson riesce a rendere notevoli accenti di ambiguità, soprattutto quando finge di essere gentile con colui che odia, e infatti l'odio gli sprizza da ogni parola ed espressione facciale. Ma, tra i due, a vincere è Patrick Wilson, che ci restituisce un personaggio sfumato e incerto tra più impulsi contrastanti e il suo sforzo di essere migliore di quello che è. E' il timido di indole che cerca di farsi coraggioso e di imporsi con la forza di volontà; è l'uomo fragile e pauroso, che trema davanti alla prima gravidanza della moglie; è il marito che vuole rassicurare e fare sentire protetta la consorte, ma che ci riesce solo in parte, perché la sua sostanza malferma trapela in continuazione.
In generale, il film offre uno spaccato di odio inestinguibile, dettato da invidia, da accenti razziali, e da chissà quale mix di veleni nascosti in fondo al cuore. Forse la motivazione principale è l'invidia per una famiglia che sta nascendo, con davanti tutte le possibilità, mentre la propria è già definitivamente compromessa. Quando l'odio è tale, non esiste uno stadio in cui si sgonfi o si imponga una reetromarcia, ma cresce anzi d'intensità e di visibilità, accantonando progressivamente gli scrupoli, e desiderando solo l'annientamento ad ogni costo del suo oggetto. E' un odio totale, perché vuole soddisfare la sua brama anche a costo della propria rovina. Alla fine del film, il personaggio di Jackson fa proprio paura.
La metafora dell'incendio che è in realtà l'odio che divampa non è difficile da ravvisare.
E' una pellicola tesa, che non prende scorciatoie o facili soluzioni, e che vuole andare a fondo della storia e dei personaggi. Non ho riscontrato i momenti morti di cui parlano alcuni, perché anche le sequenze apparentemente innocue hanno in filigrana un senso di minaccia e di dramma incombente.
Infine: per una volta che era meglio cambiare il titolo, ecco che lo traducono alla lettera (mentre noi italiani avremmo avuto bisogno di una didascalia).

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