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La ragazza del lago

Regia di Andrea Molaioli vedi scheda film

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La recensione su La ragazza del lago

di GIANNISV66
7 stelle

La provincia dell'estremo nord est è lo sfondo di questo interessante noir attraversato da venature drammatico-psicologiche, in cui un Commissario afflitto da una situazione familiare piuttosto difficile affronta una indagine scottante.

 

In un nebbioso lembo dell'estremo nord est italiano il ritrovamento del cadavere di una ragazza sulla sponda di un lago è lo spunto per delineare una vicenda complessa che il regista tratteggia in bilico tra i toni del noir e quelli più consoni a un film drammatico.

Giovanni Sanzio (uno straordinariamente misurato Toni Servillo) è il commissario incaricato dell'indagine, un uomo asciutto, severo, la cui faccia attraversata da una piega di amarezza lascia trasparire le difficoltà di una vita privata divisa tra una moglie affetta da una malattia neurodegenerativa per la quale ormai non lo riconosce più, chiusa in proprio mondo, e una figlia con la quale ha un rapporto difficoltoso a causa del proprio carattere burbero, eppure al contempo afflitto da una profonda preoccupazione per la ragazza e per le conseguenze che potrebbero derivarle dalla completa presa di coscienza della irreversibilità della malattia della madre.

La vicenda umana di Sanzio è quasi il riflesso di una serie di altre umane vicende, che emergono nello svilupparsi degli eventi   e durante la ricerca della verità su quanto accaduto alla ragazza. Verità che il commissario persegue con la caparbietà dell'investigatore d'esperienza fino ad arrivare, senza eclatanti colpi di scena ma attraverso una indagine rigorosa, alla spiegazione finale dell'omicidio, che conterrà in sé le coordinate di un altro amarissimo dramma familiare.

 

Andrea Molaioli regista di questo film, che alla sua uscita fece incetta di premi (sbancò letteralmente ai David di Donatello) ha lavorato con alcune delle più importanti firme del cinema italiano, tra cui Nanni Moretti e Paolo Sorrentino, e ha lavorato pure con Carlo Mazzacurati. E proprio dal regista padovano sembra aver mutuato la capacità di raccontare con amaro disincanto la provincia italiana e i drammi umani spesso nascosti dietro le apparenze pacifiche di paesaggi sonnacchiosi.

Inevitabili i rimandi a un certo modo di intendere il genere giallo, in una accezione più psicologico-drammatica nella quale l'indagine sul delitto diventa indagine sull'uomo e sulle sue debolezze. Il primo nome che viene in mente al riguardo è quello di Simenon, ma inevitabili sono anche i riferimenti a quella scuola del poliziesco nordeuropeo cui peraltro appartiene Karin Fossum, dal cui romanzo “Lo sguardo di uno sconosciuto” è tratto il soggetto di questa pellicola.

Ottima, ma non ci coglie certo di sorpresa, l'interpretazione di Servillo, che dà per l'occasione vita a un personaggio dai toni talmente sobri da risultare in stridente contrasto con certe interpretazioni “sopra le righe” affrontate in seguito dall'attore campano (su tutti il protagonista di La Grande Bellezza). Ottima nel complesso anche la prova di un cast peraltro di tutto rispetto e assolutamente all'altezza, da Fabrizio Gifuni a Valeria Golino fino a Giulia Michelini nei panni della figlia Francesca.

Dove il film presenta dei limiti è in una certa “freddezza” dei toni, quasi ricerca di un rigore formale nel descrivere in modo asciutto i drammi dei vari personaggi, rigore che alla fine appare persino eccessivo. Questo si riflette in una atmosfera che pare un po' troppo compassata, cosa che si riversa sul modo di raccontare e a scalare sui personaggi, reltaivamente ai quali in più di una occasione non si può non rilevare una certa di mancanza di pathos, e ciò va a discapito di una rappresentazione più profonda delle varie personalità. E' l'unica pecca rilevabile in una pellicola per il resto assolutamente ben realizzata e meritevole di una visione attenta.

 

 

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