Regia di Chris Miller, Raman Hui vedi scheda film
Il terzo capitolo di Shrek conferma che la trilogia dell’orchetto verde è una delle iniziativa marketing-cinematografiche più azzeccate di sempre. E’ inconcepibile, altrimenti, che una pellicola già carente nei primi due episodi si traduca in un successo al box office di tali proporzioni!
“Shrek terzo” è da definirsi un film soltanto perché tecnicamente è girato su pellicola, ci sono un produttore, un regista e tutto lo staff alle loro spalle. Ma un film è (anche) una storia, rappresentata da una trama ed un intreccio dei fili che la compongono. “Shrek terzo” si può definire tecnicamente un film, ma contenutisticamente qualcos’altro. Non c’è scrittura dietro, si tratta piuttosto di un ammasso di citazioni, frecciatine alla società contemporanea, rappresentazioni ed interpretazioni basate su un pleonasmo che sembra essere l’unico cardine intorno a cui girano i film Dreamworks. Per di più stavolta, il film si prende l’ardire di scimmiottare il classico cartoon americano: fino a che le principesse delle fiabe esprimono tutti i loro difetti ci siamo ancora, ma quando Azzurro inscena la sua ultima commedia, cantando e muovendosi esattamente secondo i canoni cari ai film Disney, si raggiunge livelli di blasfemia mai toccati prima.
Del film non rimane niente e si ride soltanto a tratti, per di più per gli stessi motivi: esasperazione delle situazioni e citazione di altre storie. Ma è davvero questo il futuro del cinema d’animazione?
Trama? Quale trama?
Come al solito curata
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