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Paranoid Park

Regia di Gus Van Sant vedi scheda film

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La recensione su Paranoid Park

di FilmTv Rivista
8 stelle

I giovani di Gus Van Sant sono cresciuti, anche se ancora sedicenni. Trascorsi sono i traumi, le inquietudini, gli abissi. L’improponibilità e l’irrazionalità del gesto ora hanno – forse paradossalmente – un che di solare. Paranoid Park non è affatto uguale a Elephant; e anche sul suo esserne l’esatta immagine speculare ho qualche dubbio. Se Paranoid Park riflette Elephant, lo distorce pure, e non per rilevare chissà quale orrore, ma anzi per tamponarlo una volta per tutte. Non deve sorprendere la non linearità del racconto; né però la stessa deve dar adito a letture di tipo psicanalitico, le più banali, le meno interessanti. La frammentazione del narrato non c’entra niente con l’apparente

disordine della mente del protagonista. Il cui percorso di elaborazione di coscienza è straordinariamente solare, nonostante tutto: Alex giunge alla soluzione di sé in maniera sorprendentemente “pulita”, non ha scossoni, non ha rigurgiti, non ci sono bubboni da far esplodere o rancori generazionali repressi o rabbie ontologiche, il suo è un percorso piano. Si tratta pur sempre di arrivare a una comprensione, e quella di Alex, cristallina e indubitabile seppur spezzata “(d)a più riprese” (il 35mm di Christopher Doyle, il Super 8 di Rain Kathy Li, Nino Rota Elliott Smith Beethoven Ethan Rose), finisce per rappresentare una visione autoriale. Che c’è e non possiamo evitarla: con Paranoid Park, Gus Van Sant chiude un cerchio che sembrava non doversi chiudere; porta i suoi personaggi laddove finora non era stato possibile andare, cioè alla felicità. Impossibile? No, perché dopo Gerry, il punto di non ritorno, non si può far altro che tentare di progredire, se non si vuole morire. E dato che di morti ce ne sono già troppi, Alex ne tiene uno nel cuore ma non ci si strozza. Lasciamo stare la legge: Alex attua un passaggio sempre difficile ma adesso finalmente possibile, e non mortale, espia con sé e dentro di sé, affacciandosi al mondo e all’adultità. E questo, per i benpensanti, per i moralisti e per gli oltranzisti della gogna, è duro da mandar giù.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 50 del 2007

Autore: Pier Maria Bocchi

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