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Le vite degli altri

Regia di Florian Henckel von Donnersmarck vedi scheda film

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La recensione su Le vite degli altri

di Serum
3 stelle

Un agente della Stasi spia una coppia di artisti teatrali (simpatici come una puntina da disegno incastrata nel cavo di Douglas) a detta sua probabilmente sovversivi. Ci viene presentato come una specie di terminator 2.0 (quindi pelato e senza muscoli): totalmente insensibile alle disgrazie altrui, incapace di provare un briciolo di empatia, ligio al dovere come una macchina, talmente fedele alla propria missione da fare impallidire i più accaniti fondamentalisti religiosi. Poi però, per motivi del tutto sconosciuti e nonostante sia evidente che abbia trascorso quanto meno gli ultimi trent'anni della sua vita a controllare, imprigionare e torturare (psicologicamente e non solo) centinaia e centinaia di altre persone distruggendo intere famiglie e spazzando via esistenze come se non ci fosse un domani, dopo aver spiato per un paio di volte la coppia di cui sopra (nelle quali non succede assolutamente nulla che giustifichi in modo plausibile un simile mutamento), con uno schiocco di dita diventa un agnellino: legge Brecht con la lacrimuccia, non denuncia il padre di un bambino che parla male della Stasi, diventa l'angelo custode dei due artisti e dei loro amici e mente spudoratamente ai suoi superiori per salvarli. Di fronte ad un cortocircuito narrativo di tale portata, ho come avuto l'impressione di essere stato colto da un fenomeno dissociativo che mi abbia impedito di cogliere la reale evoluzione della trama, ma il resto del film è arrivato a rincuorarmi sul mio stato di salute: i personaggi sono talmente mal scritti e caricaturali (l'intellettuale col ciuffo e la sciarpina, il politico viscido e puttaniere, l'ex compagno di università arrivista e grondante di malvagità, lo scrittore avvinazzato e depresso) che Beautiful al confronto sembra Alla ricerca del tempo perduto (e in un'opera del genere, se non funzionano i personaggi non funziona niente), la confezione è televisiva (ma un televisivo scipitamente anni '90...), la tensione drammatica non esiste se non in modo forzato e petulante, e pure gli attori a me sono sembrati parecchio sottotono (anche il pur bravo Mühe). Un film nel quale faccio fatica a salvare qualcosa, pensato evidentemente per un mercato occidentale saturo di un cinema annegato in una retorica da asilo nido e smaccatamente hollywoodiano. E visto il tema trattato mi pare inaccettabile.

 

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