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Terrore sull'isola dell'amore

Regia di Gerardo De Leon, Eddie Romero vedi scheda film

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La recensione su Terrore sull'isola dell'amore

di moonlightrosso
4 stelle

Sgangherato ma non totalmente privo di interesse!

Al fine di attirare maggiore pubblico, i c.d. "Grindhouse" americani (drive in, nonchè sale provinciali e periferiche piuttosto scalcinate) erano soliti abbinare, al prezzo di un solo biglietto, un vecchio film di richiamo con una prima visione a basso budget, talora anche di produzione nostrana, in sostituzione dei tradizionali fuori programma (cartoni animati, cortometraggi e/o, documentari) divenuti ormai troppo dispendiosi e poco adeguati ai tempi.

Facendo leva su condizioni di noleggio particolarmente favorevoli, alcuni di questi esercizi proponevano talora vere e proprie maratone di detti films a basso costo (anch'essi definiti "Grindhouse" come le sale che li ospitavano), i quali venivano proiettati praticamente senza soluzione di continuità dal primo spettacolo mattutino fino all'ultimo serale.

Nacque quindi un tipo di cinema che, muovendosi in una sostanziale povertà di mezzi, puntava a un'esaltazione parossistica di sesso e violenza, il tutto nel quadro di storie il più possibile bizzarre quand'anche deliranti. In tale contesto va da sè che l'horror e la fantascienza venissero giocoforza individuati come quei generi che meglio si sarebbero attagliati a caratteristiche di tal fatta.

Il film in esame inaugura una collaborazione economicamente piuttosto proficua tra produzioni statunitensi minori con il cinema filippino, il quale era in grado di offrire, a costi miserrimi, tanto scenari, quanto registi e attori non del tutto sprovveduti e assolutamente proni ai "dictat" dei finanziatori d'oltreoceano.

La vicenda ci narra di alcuni studiosi che si recano in un'isola sperduta contaminata da radiazioni atomiche per realizzare, a scopo umanitario, alcune infrastrutture per i poveri indigeni, come scuole e acquedotti, nonchè per studiare gli effetti di dette radiazioni su fauna e flora locali. Fanno parte della spedizione un serioso e attempato professorone di nome Paul Henderson (interpretato dall'anziano caratterista di terza fascia hollywoodiana Kent Taylor, inattivo da diversi anni), la sua ben meno seriosa e attempata consorte Carla (una platinata Beverly Powers) e un giovane assistente idealista e romantico di nome Jim. Ne riveste la parte John Ashley, personaggio impostosi inizialmente nel panorama musicale americano degli anni cinquanta come uno dei tanti cloni poveri di Elvis Presley e successivamente proseguito come giovanottone di contorno degli scipiti beach movies dei sessanta interpretati dalla nota accoppiata Frankie Avalon e Annette Funicello.

Tornando a noi, gli abitanti dell'isola, non si sa bene perchè, sono soggiogati da una misteriosa quanto crudele divinità, che richiede sacrifici di giovani pulzelle da possedere e smembrare vive!!! (sic!). Nel frattempo i nostri eroi accettano l'ospitalità di Esteban (interpretato dal filippino Mario Montenegro), un ricco signore locale, il quale, rimasto vedovo, vive nella sua splendida ed enorme villa con il suo fedele maggiordomo e uno stuolo di servitori nani!! Ci sarà anche spazio per una storiellina sentimentale fra il "bono" del gruppo  Ashley e Alma, la figlia del capotribù, il cui ruolo è affidato alla bellezza locale Eva Darren, attrice praticamente sconosciuta da noi ma autentica celebrità nella sua patria.

I registi Gerardo De Leon ed Eddie Romero, veri e propri decani del cinema di genere filippino, costruiscono una storia basata sugli archètipi (per non dire stereòtipi) di certa sci-fiction americana degli anni cinquanta ispirata al famoso romanzo di H.G. Wells "L'isola del Dott. Moreau", del quale contiene molti degli elementi (l'isola sperduta nell'oceano, le mutazioni genetiche, gli animali mostruosi), arricchendola, secondo una logica da drive in, con aspetti pruriginosi ed exploitanti di discreto interesse. Gli adoratori del "weird" e dello "strange" potranno infatti soffermarsi su alcuni effettacci "gore", ancorchè non particolarmente insistiti, come l'esibizione delle membra delle ragazze sacrificate alla divinità; su soluzioni bizzarre e folli (i nani, i mostri, il balletto finale); su una componente erotica piuttosto forte, almeno per l'epoca e su un'atmosfera sostanzialmente malata dominata da personaggi tutto sommato perdenti (il professore caratterialmente glaciale, la moglie insoddisfatta e fedifraga, l'enigmatico Esteban). Purtroppo un budget iper risicato (appena $ 75.000) e una lavorazione frammentata (pare che si fosse girato di volta in volta che arrivavano i soldi) costituiscono i limiti principali di una pellicola, che si ricorda più che altro per effetti speciali particolarmente penosi. Vedasi al riguardo la farfallona azzannatrice visibilmente di carta, sorretta e fatta muovere altrettanto visibilmente con un filo, nonchè il totem dedicato alla mostruosa divinità, che pare uscito da un laboratorio di una scuola materna. Assolutamente ridicolo risulta poi essere il mostro smembratore di donne: una comparsa agghindata con tanto di maschera e tuta carnascialesche probabilmente recuperate da qualche straccivendolo di Manila. Discrete invece le radici viventi, che pare abbiano ispirato uno dei momenti più spaventosi della famosa "Casa" di Sam Raimi.

Sul versante interpretativo l'attrice che meglio incarna lo spirito "weirdo" della pellicola si individua senz'altro nella bellona Beverly Powers, nella parte della moglie del professore e celatasi dietro l'abituale pseudonimo a dir poco trash di Beverly Hills (sic!)). Nonostante il canone di bellezza (siamo nella seconda metà dei sessanta) volgesse verso figure meno prosperose e quasi diafane (Twiggy, Verushka e Jane Birkin), gli ingenui registi ci propinano, quale incarnazione dell'oggetto del desiderio, una biondona con acconciatura decisamente old-fashion alla Jane Mansfield, fianchi larghi e un posteriore oltremodo imponente. Quest'oca giuliva dal non elevatissimo quoziente intellettuale e alla quale le produzioni main stream non avevano riservato altro se non sporadiche genericate spesso uncredited, rende subito evidente il suo personaggio votato più alle avventure extraconiugali che non all'amore per la scienza, cedendo in una delle scene iniziali, dopo debolissime quanto risibili resistenze, alle avances di un rude marinaio.

Sempre nell'alveo del trash, il tale Oscar Kesse, nel ruolo del capitano della nave che accompagna la spedizione all'isola si ricorda invece per le continue risate sconclusionate e idiote alla Jimmy il Fenomeno.

Curiosa anche la motivazione che spinse l'ex rockstar dei poveri John Ashley ad accettare siffatta scalcinata produzione con trasferta nelle lontane Filippine. Pare che questi avesse avuto l'impellente necessità di sfuggire all'ex moglie, la quale, evidentemente sopravvalutando le sue reali disponibilità economiche, gli avanzava continue richieste di danaro.

Da incredulità e sbigottimento il finale a sorpresa. Laddove tutti si sarebbero aspettati il solito messaggio ecologista e terzomondista a buon mercato, si assiste invece a un delirante balletto indigeno che avrebbe dovuto essere (almeno nelle intenzioni) una specie di tributo all'amore (ci troviamo infatti, come recita il titolo, nell'isola dell'amore). Alma, la figlia del capotribù, con movenze e passi di danza a dir poco assurdi, simboleggerà di scegliere quale suo partner per la vita il bonazzo Ashley, riservandogli un bacio al fulmicotone a degna conclusione di una pellicola sgangherata ma non totalmente priva di interesse.

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