Regia di Mario Amendola, Ruggero Maccari vedi scheda film
Un uomo, a processo per aver contratto sei matrimoni contemporaneamente, racconta la sua incredibile storia.
Fra il 1952 e il 1954 Ruggero Maccari e Mario Amendola formano un estemporaneo sodalizio artistico destinato a scrivere e dirigere ben quattro pellicole, tutte del medesimo stampo: commedie ridanciane a basso budget con qualche quotato interprete del momento, ma senza volti di massimo richiamo. Finalmente libero è il secondo di questo poker di titoli ed è un lavoro invecchiato malino a causa degli argomenti piuttosto datati, vecchio stampo, sorpassati già ai tempi del ’68; il protagonista è infatti un commesso viaggiatore che, per sfuggire alla moglie milanese, sposa una seconda donna a Genova, per poi accorgersi di essere in un bel guaio che solo il matrimonio con una terza moglie romana, a suo parere, potrà risolvere – e così via, fino all’arresto. Maschilismo a profusione, naturalmente, e uno sguardo cinico e approssimativo sulla donna e sul ruolo sociale da essa rivestito; siamo d’altronde nel 1953 e questi erano i tempi che correvano. Carlo Dapporto è un buonissimo interprete, neppure bisognerebbe sottolinearlo, ma qualche dubbio sulla sua scelta può sorgere osservando come il suo personaggio – schivo, ansioso, neppure troppo intelligente – nelle sua mani diventi tutt’altro che l’uomo di fascino e di classe che la trama presupporrebbe. Dettagli, forse, ma che indicano la direzione del produttore Enzo Merolle e degli autori: a tutta dritta verso la risata facile, senza chiedere nulla di più al prodotto. Sulla scena compaiono inoltre Nadia Gray, Alba Arnova, Fulvia Franco, Alberto Sorrentino, Luisa Rossi, Irene Genna e, in particine, anche Marisa Merlini e Giacomo Rondinella nei canori panni di sé stesso. 3/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta