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I lunghi giorni dell'odio

Regia di Gianfranco Baldanello vedi scheda film

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La recensione su I lunghi giorni dell'odio

di mm40
2 stelle

Far west. Una banda di malviventi saccheggia un ranch, sterminando e stuprando la famiglia che vi risiede. Ma due dei figli, sopravvissuti al raid, giurano vendetta.

 

Dopo una dozzina di anni trascorsi come aiutoregista, Gianfranco Baldanello decide che è arrivato il momento di passare in solitaria dietro la macchina da presa proprio al culmine della stagione dello spaghetti western; è così che licenzia una manciata di operine francamente dimenticabili che, pur avendo forma sciatta e interpreti bolsi, trovano le pecche maggiori nei contenuti. Questo I lunghi giorni dell'odio, ad esempio, è l'ennesima (nel 1967 già erano uscite molte, molte decine di titoli del filone) riproposizione della ormai classica storia di vendetta privata da parte di uno o più innocenti nei confronti del solito cattivone di turno, violento e spavaldo. Il senso della giustizia personale era probabilmente nato nel precedente decennio, sotto l'egida del peplum, ma è con lo spaghetti western che si aprono nuove strade, quello che sfoceranno poi nel poliziottesco degli anni Settanta, verso carneficine gratuite e rancori da sedare nel sangue. Vero è che la società stessa in Italia si stava facendo più violenta e, al contempo, le maglie della censura cinematografica andavano allargandosi; ecco quindi come un'operina come questo I lunghi giorni dell'odio può venire quindi inquadrata in un contesto artistico e sociale che la giustifica appieno. Prescindendo da ciò, la pellicola è solamente un incolore ripetersi di sparatorie e scazzottate, con battute sciape e attori discutibili (Guy Madison, Rik Battaglia, Alberto Dell'Acqua, Rosalba Neri, Peter Martell/Pietro Martellanza, per citare i principali); sceneggiatura firmata da Luigi Emmanuele, Gino Mangini e dal regista. 2/10.

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