Regia di Florestano Vancini vedi scheda film
Era forse difficile aspettarsi da Vancini, dopo più di 20 anni di assenza dagli schermi, un ritorno ai fasti di "Bronte" o di "Il delitto Matteotti". Ma dalla sua nuova opera a soggetto storico era lecito attendersi, se non una rilettura innovativa e controcorrente di un evento importante, quantomeno una rievocazione rigorosa e appassionante, sostenuta da una narrazione serrata e articolata, e trasudante passione autentica per la storia... tutte qualità che contraddistinguevano i suoi film migliori. Invece, ha diversi momenti (soprattutto nelle scene di dialogo) francamente statici, ingessati, e ha inoltre (cosa più grave) una resa estetica che ricorda spesso quella teatrale (e passi) ma di quando in quando, ahimè, quella televisiva. Colpa anche del basso budget, certo.
A suo vantaggio, comunque, vanno riconosciuti un bel soggetto, col giullare eletto a protagonista e ben sostenuto da un Dovì bravo e credibile, e alcune sequenze riuscite: l'incipit e soprattutto il finale, quest'ultimo davvero emozionante, ben girato e capace di risollevare l'intera operazione.
In definitiva, un film indubbiamente sincero, ma riuscito solo in parte.
Non ha colpi di genio. Un film ambientato in una corte italiana del primo '500, cioè in un ambito storico in cui i più complicati intrighi politici la facevano da padrone, avrebbe potuto facilmente vantare una trama "piacevolmente" complessa e, appunto, intricata... Invece la storia tutto sommato ha uno sviluppo un po' troppo piano e lineare. Certi dialoghi, poi, sono il punto debole del film: troppo scoperto, ad esempio, l'intento didascalico delle frasi messe in bocca ad Ariosto, neanche fossero destinate ad un pubblico da prime-time televisivo (Vancini, tu quoque?!?).
Probabilmente a causa del budget limitato che non ha certo permesso una ricostruzione scenografica da "kolossal", l'impianto visivo generale del film a tratti sa un po' di "finto" (come nella scena della passeggiata del protagonista con Ariosto, quando i due si affacciano sulla piazza), anche perchè gli esterni cittadini (le vie, i muri dei palazzi...) sono forse troppo "puliti" e perfetti: in questo caso un po' di "sporcizia" in più avrebbe fatto guadagnare in autenticità.
Va bene non cadere nel solito cliché della Lucrezia Borgia sensuale e mangiauomini, ma questa Lucrezia è davvero troppo opaca e passa quasi del tutto inosservata!
Il punto di forza e la vera sorpresa del film: Dovì aderisce perfettamente al personaggio, convincente sia nel suo lato buffonesco (belli e "virtuosistici" i "numeri" comici), sia nei suoi aspetti patetico-drammatici. E soprattutto, cosa non da poco, riesce nell'impresa di non far mai affiorare la propria provenienza televisiva: e per un attore proveniente dal "Bagaglino" era un bel rischio...
Il film ha diversi momenti (soprattutto nelle scene di dialogo) francamente statici, ingessati, e ha inoltre (cosa più grave) una resa estetica che ricorda spesso quella teatrale (e passi) ma di quando in quando, ahimè, quella televisiva. Colpa anche del basso budget, certo.
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