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Danton

Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film

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La recensione su Danton

di lamettrie
9 stelle

Un capolavoro. Uno dei rarissimi casi di film ben fatti sulla rivoluzione francese, nonostante questo sia lo snodo più “decisivo” della storia, tra i tanti.

Il messaggio è chiaro: tanto è inevitabile e fondamentale stare dalla parte dell’uguaglianza nei diritti umani di fondo, quanto è facile abusarne per il potere personale. Se poi l’ossessione verso il proprio potere sia in buona fede , (per la “vittoria degli ideali giusti”, come voleva Robespierre, per il quale essi dovevano prevalere con ogni mezzo, perché ogni alternativa era peggiore, in quanto tradimento dell’impegno morale); o sia in mala fede, come paravento per la gloria e il potere sugli altri, appunto, poco cambia.

Il fanatismo, il dogmatismo e la chiusura mentale fanno disastri anche partendo dalle migliori intenzioni: non fanno che far passare dalla parte del torto. Wajda, alla Manzoni, parla del passato per lasciare il messaggio meno oscurabile possibile sul presente: la rivoluzione francese, con il suo esito più radicale (quello giacobino, dell’uguaglianza totale, della democrazia piena), non è altro che il potere comunista: il quale nella sua Polonia (ma quasi ovunque) ha tradito gli ideali per i quali giustamente si era fatto preferire dai più. Il che di per sé non toglie tutto il valore a quei giusti ideali, come erroneamente è stato detto. Solo che questi vanno incarnati con buon senso, evitando gli eccessi, aspettando via via i momenti migliori per farli prevalere, non in modo passivo ma facendo maturare tali momenti. Danton, pur con il difetto di eccedere nel culto della gloria personale (“io sono il popolo”), mostra questi aspetti positivi, e muore per coerenza. Un Socrate di altri tempi, cui va dato atto di rinunciare a ogni forma di arroganza e dunque di repressione della libertà altrui, da una parte, e dall’altra di una fiducia nelle possibilità positive dell’uomo in generale.

Un altro grande merito consiste nella denuncia dell’orrore dei processi politici: uno scandalo che nella storia sarà meglio che finisca, prima o poi (certo, dipende solo dagli attivisti, e dall’opinione pubblica che in generale diventa cosciente:  altrimenti non finirà mai). La farsa dei processi-truffa, delle sentenze preconfezionate dai governi in modo subdolo e per giunta senza uno straccio di prova seria, è uno dei grandi mali di sempre, qui dimostrato come tale in modo strepitoso da Danton. Il quale manifesta qui una fiducia nel genere umano, che appare sinanco eccessiva, come poi ha sperimentato sulla propria pelle: lui sperava che il popolo, una volta informato e libero di decidere, stesse per forza dalla sua parte; ma non è stato così per i limiti dello stesso popolo. Ma ciò non vuol dire che, come dicono gli aristocratici e i razzisti culturali alla Platone, allora il popolo non potrà che sbagliare sempre, per la propria intrinseca ed irredimibile inferiorità: il film non mostra questo. Mostra semmai che ci vuole una grande fatica nel conoscere gli eventi, e nel saperli soppesare al fine di illuminare la strada migliore, tra tutte le incertezze che si possono presentare: se “il popolo” è disposto a voler fare questa fatica, allora c’è un futuro migliore del presente e del passato così pieni di errori, ingiustizie e dolori evitabili; altrimenti no.

La contrapposizione tra Danton e Robespierre è resa alla perfezione da due attori eccezionali. Ma tutti recitano benissimo. La scenografia e i costumi riproducono fedelmente la temperie di quell’arroventato momento, come del resto la sceneggiatura. Ma tutto appare appassionante, indipendentemente dal livello culturale di partenza: questo è un grandissimo merito di Wajda, che qui riesce a non far annoiare mai, e a non dilungarsi mai in modo inutile su particolari che pure lo permetterebbero, data la loro densità storica. Nonostante il film durio 2 ore e un quarto, lascia incollati. E appassionati per l’importanza umana di ciò che descrive. Insomma, il modo migliore con cui l’arte può gettare un seme per le cose più importanti, le vicende morali e politiche di noi uomini.

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