Regia di Kenji Mizoguchi vedi scheda film
O-Haru non è una donna comune, nemmeno nel Giappone medievale. E' la donna perfetta, una martire che per amore della vita tutto sopporta con grazia e compostezza. E' integerrima anche per i suoi aguzzini e li mette a nudo come tali proprio perché è perfetta. Solo il padre, anche lui aguzzino, la conosce e parla male di lei, la insulta, perché è "troppo virtuosa". E' dunque non una ribelle né una comune donna dell'epoca che subisce l'oppressione delle convenzioni, è la donna idealizzata da Mizoguchi, che vede in lei la virtù propria sotto quella imposta, il superamento delle virtù imposte attraverso l'esaltazione delle virtù proprie. Il moralismo medievale, che vede nella donna un mero strumento per procreare, è qui superato dalla stessa "virtù gentile" della donna, virtù a lei propria, per dire forse che se il medioevo ha approfittato della virtù femminile, il nuovo Giappone l'ha buttata alle ortiche. Azzardo dunque l'ipotesi di un O-Haru come possibile "manifesto" antifemminista
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