Regia di Christophe Honoré vedi scheda film
Isabelle Huppert è la madre del buio. Già con altre opere ("La pianista", "Violette Nozière", "Un affare di donne", "Il buio nella mente"...) aveva riempito la sala di tagli (più a se stessa o agli spettatori?), qui forse rende ancora più appuntite le sue esplorazioni negli organi pericolosi dell'oscurità e dà al film lo strazio altero e finale di una tragedia greca. Certo, l'autore risente forse troppo delle sue passioni cinefile (Wong Kar Wai), ma ci dona molti momenti di assoluta bellezza (gli ultimi dieci minuti sono inarrivabili per dolore, follia, destino) e dei personaggi che useranno la nostra memoria come un coito.
Perfetta nell'essere un personaggio che possiede un amore allagato per una vita gonfia, grumosa, un amore non ricambiato.
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