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Le regole dell'attrazione

Regia di Roger Avary vedi scheda film

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La recensione su Le regole dell'attrazione

di LorCio
4 stelle

Acclamato come un capolavoro o una genialata, Le regole dell’attrazione, se non altro, è un film sbagliato. La materia letteraria che vi sta alla base è uno di quegli equivoci che portano a pensare un best seller come un ritratto inappuntabile. Generazionale finché si vuole, inevitabilmente rappresenta solo una parte degli americani anni ottanta: è quella gioventù non troppo benestante ma neanche misera che immola le serate al trinomio sesso-droga-rock’n roll senza farsi troppe domande, che coniuga la voglia (la necessità?) di spingersi oltre sul reaganismo più spudorato. I quattro personaggi principali mantengono sì le loro differenze (Sean è un fatuo erotomane che si dà allo spaccio; Laureen è una sognatrice disillusa, figlia del democratismo battuto dal corso degli eventi; Victor uno che cerca sempre lo scontro con sé stesso in un altrove indefinibile; Paul è lo stereotipo del gay anniottanta), ma sono accomunati da una caratteristica ben precisa: l’edonismo.

 

Attraverso il loro vissuto, i personaggi sprigionano quel che di peggio c’è in loro per un motivo semplice: non hanno un obiettivo né dalla politica, né dalla società, né dalla scuola (fatta da insegnanti che non cercano altro che il pompino dall’alunna più disposta), si abbandonano a loro stessi in un turbinio di coscienze bruciate dal quotidiano. Lo stile di Roger Avary è molto interessante nel tentativo estremo di sconfessare la verità, ma anche discontinuo, con non rari momenti di tedio, posta sul virtuosismo dell’immagine (specie nel prologo) e l’effettismo fine a sé stesso: una storia sporca raccontata con perizia, pulizia, forse fin troppa. I ragazzi sono bravi, peccato che la sceneggiatura si serva di luoghi comuni (e spesso si ha l’impressione di essere solo nella versione più disperata e cattiva di un college movie) e stereotipi inflazionati: l’affresco generazionale ha una sintesi malriuscita tra ragione e sentimento e si perde, qua e là, in un’irrisolta condizione di stasi. Apparizione spiritata di Faye Dunaway, ma il colpo al cuore è Shannyn Sossamon.

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