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La legge del desiderio

Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La legge del desiderio

di ligeti
8 stelle

Tra tutti i film di Almodóvar, La legge del desiderio è senza dubbio uno dei più audaci: si apre con una scena di masturbazione maschile, ma ancor più celebre è la scena che mostra un giovanissimo Antonio Banderas in veste di passionale compagno di letto di Eusebio Poncela. Al di là degli eccessi — sessuali e non — che sono caratteristici del regista spagnolo, non si tratta sicuramente di un film scandaloso ma, come sempre in Almodóvar, sentimentale (non sentimentalistico) e a tratti addirittura delicato e romantico. Pablo è un famoso regista gay fortemente legato alla sorella (che in realtà era un fratello prima di cambiare sesso in Marocco) e innamorato di Juan, il quale però lascia Madrid e si trasferisce in Andalusia in un piccolo paese sul mare. Pablo conosce quindi Antonio, che con lui ha il suo primo rapporto omosessuale e che non tarda a diventare troppo possessivo e geloso. Quando Antonio scopre le lettere che Pablo invia a Juan, ha una reazione spropositata. Al centro de La legge del desiderio, come preannuncia il titolo, c’è il desiderio o meglio la passione. Basterebbe già questo a connotare il film come mélo e ad avvicinarlo ad un altro grande film dell’Almodóvar più recente, La mala educación (2004), che è molto più di un film sulla pedofilia o sull’omosessualità (come qualcuno, in Italia ovviamente, ha cercato di far credere). Ma non mancano veri e propri dettagli che collegano i due film: Tina frequentava un collegio religioso dove aveva subito degli abusi sessuali da parte di un prete proprio come Ignacio ne La mala educación, inoltre Pablo è un regista cinematografico come Enrique. Così come la trama gioca di continuo con le vite di personaggi il cui passato è sempre da (non) dimenticare («I ricordi sono l’unica cosa che mi resta» dice Tina al prete che le consiglia di fuggire dai suoi ricordi) mentre il presente risulta impossibile da vivere in diretta conseguenza del passato («E questo non ti sembra un problema?» risponde Pablo a Tina quando lei gli dice di non avere più problemi con gli uomini perché tanto non ne vuole più sapere di loro). Tutti i personaggi agiscono spinti dalle loro passioni e desideri e tutti si ritrovano, ancora una volta, più soli di prima: il film si chiude con una pietà michelangiolesca che è una rappresentazione della pietà del regista verso i sentimenti dei suoi personaggi. Che, come in ogni mélo degno di questo nome (l’incidente stradale di Pablo e la conseguente perdita di memoria costituiscono una svolta squisitamente melodrammatica), ovviamente sono ben lontani da tutto ciò che il paradiso concede. Ad uscirne meglio, alla fine, non è chi si lascia divorare dalle proprie passioni o chi cerca di allontanarle, ma piuttosto chi sa viverle nel presente per quello che sono, trovando al contempo conforto nell’unica vera libertà d’amore possibile: quella per il cinema. Proprio come l’Enrique de La mala educación. VOTO: 3,5/5

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