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Occhi senza volto

Regia di Georges Franju vedi scheda film

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21thcentury schizoid man

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La recensione su Occhi senza volto

di 21thcentury schizoid man
8 stelle

Gli occhi senza volto del titolo sono quelli di una ragazza, Christiane, rimasta sfigurata in viso a causa di un incidente stradale provocato da suo padre, il dottor Génessier. Questi è un luminare della medicina, convinto che sia possibile eseguire il trapianto facciale, come dimostrano queste sue parole: “Una delle speranze più ardite e più ambite dell’uomo è quella di ritrovare in parte la propria giovinezza fisica. Questa speranza ce la offre oggi l’eteroinnesto. Ma l’eteroinnesto, cioè il trapianto di tessuti viventi e organi vitali da un essere umano in un altro, finora ha dato risultati positivi soltanto se operato su due individui dotati degli stessi caratteri biologici. Si tratta quindi per noi di modificare biologicamente la natura dell’organismo destinato ad accogliere tessuti vivi a lui estranei. Uno dei nostri sistemi consiste nel distruggere mediante forti radiazioni di raggi X gli anticorpi che ostacolano l’eteroinnesto. Queste radiazioni devono però essere portate ad un’intensità tale che l’essere umano non sovvive. Poi si procede al salasso del soggetto: non si lascerà nel corpo dell’individuo irradiato neanche una goccia di sangue”.

Egli intende sfruttare la propria abilità di medico per riuscire a ridare un volto a sua figlia. Per fare ciò, fa credere a tutti che Christiane sia morta. La segretaria di Génessier, Louise, si incarica di buttare un cadavere nella Senna, e quando la polizia chiama il medico per riconoscere il corpo rinvenuto nel fiume, egli dichiara che è quello di sua figlia. Per effettuare il trapianto di pelle al fine di restituire una faccia a Christiane, occorre però trovare ragazze dalle quali poter prelevare l’epidermide. Ci pensa Louise ad adescare una ragazza: dopo averla addormentata, il dottore si incarica di eseguire la difficile operazione. Risvegliatasi dall'anestesia, la ragazza utilizzata come cavia tenta di scappare, ma la sua fuga finisce tragicamente, con un volo dalla finestra. Oltretutto, l’esperimento, che in un primo momento sembrava funzionare, si rivela un fallimento, cosicché si rende necessario sequestrare un’altra giovane.

Christiane, intanto, non resistendo più alla sua condizione di reclusa costretta a vivere con una maschera che le copre il viso deturpato, telefona al suo fidanzato, Jacques. Questi, sorpreso di sentire la voce della sua ragazza che credeva morta, avverte la polizia. Da un racconto di Jean Redon, che ha scritto la sceneggiatura in collaborazione con Pierre Boileau, Thomas Narcejac e Claude Sautet (quest’ultimo è accreditato anche come aiuto regista), Franju ha tratto un thriller notevole, che non di rado sconfina nell’horror.

Continuamente in bilico tra realismo e fantasia, la pellicola è attraversata da una tensione costante che cresce sempre di più con il passare dei minuti, raggiungendo l’apice nel crudele e al contempo poetico finale. Il regista francese dirige con sapienza un film macabro incentrato su un dottore mefistofelico, Génessier, che tenta di superare i limiti della medicina ufficiale per rimediare al danno che lui stesso ha causato alla propria figlia, Christiane, una ragazza condannata forse per sempre alla solitudine, che però alla fine troverà il coraggio per ribellarsi contro chi le ha provocato tanto dolore.

Uno degli aspetti più interessanti del film risiede proprio nel contrastato rapporto che si instaura tra il dottore e la figlia dopo l’incidente in cui lei è rimasta sfigurata in volto, con il primo roso dal rimorso di essere il responsabile del sinistro, per colpa del quale la seconda è obbligata a convivere con una deformità fisica che le proibisce persino di guardarsi allo specchio. Franju è ispirato, certo, ma all’ottimo risultato finale contribuiscono in modo determinante le interpretazioni di due attori del calibro di Pierre Brasseur e Alida Valli, entrambi molto bravi. Il primo, nella parte del dottor Génessier, dona al proprio personaggio un’inquietante maschera imperturbabile, dalla quale non traspare la benché minima emozione; la seconda, nelle vesti di Louise, l’assistente del medico che non si fa scrupolo ad ingannare le ragazze per rapirle, sembra quasi fare le prove per il ruolo che ricoprirà diciassette anni dopo in “Suspiria” di Dario Argento.

Due sequenze memorabili da citare: la prima è quella in cui il dottore effettua il trapianto facciale; la seconda è il bellissimo finale, una scena toccante che chiude degnamente un film che mescola con abilità lirismo e raccapriccio (è bene ricordare, però, che entrambe le scene appena citate hanno subito dei tagli nell’orribile versione italiana, soprattutto la prima, priva del momento in cui il dottor Génessier preleva la pelle dal viso di una ragazza per impiantarla in quello della figlia). Ottima la fotografia di Eugen Schufftan, che contribuisce a creare un’atmosfera angosciante, specialmente nelle scene ambientate nella casa di Génessier: ma il vero asso nella manica del film è la splendida colonna sonora di Maurice Jarre, autore di una partitura complessa e affascinante, capace di riempire i lunghi silenzi della pellicola (come nella bella sequenza iniziale). Un piccolo cult da riscoprire, ma nella versione originale e integrale.

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