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Magdalene

Regia di Peter Mullan vedi scheda film

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La recensione su Magdalene

di FilmTv Rivista
8 stelle

Si chiamano Margaret, Rose, Bernadette, tre ragazze che vivono nella contea di Dublino: una è stata violentata da un amico durante una festa nuziale, una ha avuto un bambino senza essere sposata e la terza ha scambiato alcune parole con dei coetanei fuori dalla cancellata dell’orfanotrofio nel quale vive. Considerate peccatrici, tutte e tre vengono rinchiuse in uno dei conventi Magdalene gestiti dalle suore della Misericordia per conto della chiesa cattolica. In quei conventi, almeno 30.000 donne sono vissute come ai lavori forzati, lavando e stirando per conto terzi, per 364 giorni all’anno (tranne Natale, quando ricevevano un’arancia a testa), frustate, umiliate, letteralmente deprivate, quasi sempre dall’adolescenza alla morte. Poteva anche andargli peggio, come accade alla quarta protagonista del film, Crispina, una povera ritardata (anche lei ragazza madre) che viene rinchiusa in manicomio quando rivela pubblicamente i servigi sessuali resi al prete pastore del convento. Non siamo nei secoli bui della rivoluzione industriale o negli oscuri sobborghi dell’anima dickensiani. “Magdalene” comincia nel 1964, quando a Dublino le ragazze portano la minigonna e i capelli cotonati, e gli ultimi conventi Magdalene (il nome veniva da Maria Maddalena, che espiò i suoi peccati nella miseria e l’autoflagellazione) sono stati chiusi nel 1996. La barbarie istituzionale, con la complicità di famiglie bigotte e benpensanti, allarga le sue ombre sulla civilissima cultura occidentale. Ci voleva uno scozzese pazzo, coraggioso e visionario come Peter Mullan per fare questo film, uno che aveva già scoperchiato una chiesa verso il finale di “Orphans” (il suo primo lungometraggio, premiato alla Sic di Venezia nel 1998) e che non si è lasciato intimorire dagli ostacoli che ha opposto al suo progetto la Chiesa cattolica irlandese. “ Magdalene” è duro e appassionato come un feuilleton, e altrettanto incredibile. Ma è tutto vero. Mullan sa trattare il realismo con un trionfale antirealismo; montaggio, ossessione, paura, orrore riflesso in una pupilla insanguinata.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 37 del 2002

Autore: Emanuela Martini

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