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Anni difficili

Regia di Luigi Zampa vedi scheda film

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La recensione su Anni difficili

di Antisistema
8 stelle

Ad oltre 40 anni, precisamente 43, Luigi Zampa lascia il segno nella storia del cinema, con la sua adesione al movimento neorealista, adattando una novella di Vitaliano Brancati, “Il Vecchio con gli Stivali”, con una sceneggiatura firmata da parte dello stesso scrittore, oltre a quella di Sergio Amidei, collaboratore abituale di Roberto Rossellini.
Al di fuori delle opere del trittico Visconti, De Sica e Rossellini, lasciando da parte le prime opere di Fellini, "Anni Difficili" (1948), si prende sicuramente il titolo di miglior film neorealista, grazie alla lucidità di analisi a breve tempo dai fatti narrati e per il boato che scatenò alla sua uscita, con tanto di interrogazioni parlamentari di ogni schieramento politico, invocanti la censura, per tale opera scandalosa.
L’accoglienza contrastata di molti film del neorealismo, non dovrebbe risultare una novità, il loro essere invisi al potere costituito risulta un fatto noto, a causa del ritratto duro e senza sconti della realtà italiana dell’epoca. Però per molti di essi, il tempo portò consiglio, con revisioni nei giudizi e larga diffusione successiva nei passaggi televisivi. Invece, per quest’opera di Luigi Zampa, vi fu un oblio durato decenni, messo sostanzialmente fine solamente con il restauro della cineteca di Bologna nel 2009, che ne garantì una nuova circolazione.
Ma cosa mai fece Zampa di così scandaloso a differenza degli altri suoi colleghi cineasti? Semplice! Affermò con toni schietti e diretti, che tutti gli italiani erano una banda di trasformisti voltagabbana, pronti a a dichiararsi anti-fascisti, quando sino a poco prima della liberazione da parte dell’esercito anglo-americano, avevano sostenuto il regime.
Negli occhi sommessi ed attoniti dell’attore Umberto Spataro, c’è la storia di molti italiani, che in quanto impiegati pubblici come Aldo Piscitello, pur non professando alcuna fede politica, s’iscrissero al partito fascista in quanto obbligatorio per legge, pena perdita del lavoro, senza contare eventuali successive ritorsioni, da parte dei gerarchi fascisti.
Aldo malvolentieri deve sottostare al comando, spinto soprattutto da sua moglie Rosina (Ave Ninchi) e la figlia Elena (Delia Scala), che invece dal giorno alla notte, diventano fedeli sostenitrici del regime.
Zampa, narra le vicenda della famiglia Piscitello dal 1934 al 1944, ambientate in una piccola cittadina della Sicilia, in un andamento tragicomico nei toni narrativi.
La regia e l’arguta penna di Brancati nella voce narrante, riesce a far uso di un’intelligente satira, per mettere in ridicolo le pompose, quanto ridicole, esibizioni sceniche del fascismo, non perdendo mai di vista la tragicità di fondo, visto che poi tali personalità da burletta, hanno causato la distruzione dell’Italia nel secondo conflitto bellico, senza però tralasciare la conquista dell’Etiopia e l’appoggio ai falangisti capitanati da Franco, nella guerra civile spagnola (all'epoca un totale tabú fino agli anni 60'), contro la fazione repubblicana, i cui morti causati dalle truppe fasciste, esaltano la signora Rosina, che poi si dice essere una devota cristiana – a parole ovviamente, come tanti italiani -.

 

Ave Ninchi, Delia Scala, Umberto Spadaro

Anni difficili (1948): Ave Ninchi, Delia Scala, Umberto Spadaro

 

Le esibizioni muscolari del regime, - a cui si deve partecipare obbligatoriamente -, sono praticate sterilmente da iscritti, più a loro agio a banchettare in varie trattorie, che dare sfoggio delle loro scadenti abilità atletiche, sfiorando il senso del ridicolo con quelle pompose divise nere, che innanzi allo specchio, riflettono il ritratto di una ridicola carnevalata.
La fascistizzazione dell’Italia, pur essendo stata pervasiva, non ha dato i risultati della nazificazione tedesca, anche per via del contesto sociale non solo più arretrato, ma anche per una non predisposizione fisico-genetica a certe discipline, tanto che innanzi ai corpi perfetti dei giovani membri dell’esercito “teutonico” presenti in Sicilia, pure una fanatica del fascio come Elena, constati a confronto, che noi italiani “siamo fatti male”.
Ma il Duce è “l’uomo mandato della provvidenza” (Rosina), colui che in sé “riunisce il genio militare di Alessandro, Cesare e Napoleone” (Elena), sicuramente in grado di fare “miracoli migliori anche dello stesso Hitler, se solo gli fossero toccati in sorte soldati migliori” (Elena); peccato che tutto questo lo abbia fatto a scapito di un paese e delle sue nuove generazioni, come il figlio maggiore della famiglia Piscitello, Giovanni (Massimo Girotti), chiamati a soddisfare la megalomane volontà di un dittatore, dovendo subire la partecipazione in prima persona a tutte le sue avventure belliche (Etiopia, Spagna, Francia e Libia).
“Anni Difficili”, raffigura un’Italia ipocrita, dove gli stessi servi, si mettono al servizio di padroni differenti, seguendo le regole del più becero trasformismo, all’insegna di un gattopardesco “tutto cambi, perché nulla cambi”.
La satira fortemente acre di Zampa, rivendica fieramente la sua natura “qualunquista”, in quanto tutta la società italiana è marcia fino al midollo, senza alcuna possibilità di riscatto; non c’è alcun rimedio né soluzione ad un male endemico, connaturato alla nazione stessa.
Gli italiani si adattano alla politica del momento, basta che vengano lasciati in pace nel loro quieto vivere quotidiano, il fascismo per oltre 20 anni ha assecondato la loro natura, per questo ha prosperato in un tacito consenso-assenso, in ciò aiutati da un'insignificante opposizione, messa giustamente alla berlina da Zampa, in quanto corresponsabile di uno sterile “Aventino”, solo trasferitasi, dalle aule parlamentari al retrobottega della farmacia, cincischiando sui massimi sistemi geopolitici del nulla, senza ovviamente perdere la consueta litigiosità ed il gusto delle astratte argomentazioni, che si rivelano nei fatti inconcludenti per una qualsiasi attuazione pratica.
Non sarà un caso che in epoca repubblicana, innanzi al “nuovo fascismo” della Democrazia Cristiana, l’opposizione del Partito Comunista, abbia congelato il suo enorme bacino elettorale per decenni, in uno scontro politico senza sbocco e senza concretezza, in cui come sempre l'unica perdente è l’Italia; preda dei medesimi e reiterati meccanismi malsani.
A Zampa, pur i vari scompensi nella seconda parte per il voler “troppo dire”, gli si deve riconoscere indubbio coraggio e capacità, nell’aver compiuto a soli tre anni dalla fine del conflitto, un’analisi schietta sul rapporto tra società italiana e fascismo, che svelava i troppo nervi scoperti di un popolo, il quale aveva iniziato un’opera di rimozione collettiva, tramite una visione “anti-storica” in cui si vedeva tutto unito contro il comune nemico; per dirla “cinematograficamente”, più “Roma Città Aperta” di Rossellini (1945), che anni “Anni Difficili”.

 

scena

Anni difficili (1948): scena

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