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Amanti crocifissi

Regia di Kenji Mizoguchi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Amanti crocifissi

di vermeverde
10 stelle

Mizoguchi ha avuto come obiettivo costante nei suoi ultimi capolavori gli aspetti oppressivi sull’universo femminile della cultura tradizionale giapponese, di stampo prettamente maschilista: sono soprattutto le donne, infatti, a patire le ingiustizie sociali codificate in leggi a cui sono sacrificate. Fra i grandi registi, forse solo Dreyer ha affrontato il tema del sacrificio e della frustrazione femminile (”La passione di Giovanna d’Arco”, “Dies irae”, “Ordet”, “Gertrud”) con altrettanta costanza e altrettanto valore artistico, in un’ottica più esistenziale.

Fra i capolavori degli anni ’50 di Mizoguchi ”Gli amanti crocifissi” conferma il punto di vista dell’autore sulla condizione femminile di subordinazione nella società giapponese dell’epoca; qui è posta in risalto la forza dirompente dell’amore reciproco dei due protagonisti che preferiscono la morte alla separazione, avendo raggiunto con la loro unione lo scopo ultimo dell’esistenza. L’amore è qui contrapposto all’avido egoismo degli uomini, le cui azioni sono fondamentalmente motivate dal desiderio del denaro o dalla sua necessità per poter realizzare i propri obiettivi materiali. La parte migliore delle persone, cioè i sentimenti, è frustrata dalle regole sociali improntate al maschilismo e alla divisione in classi da cui discende la moralità dominante che reprime chi si oppone e condanna a morte gli adulteri: chi ha il coraggio e la forza di seguire il proprio cuore è inevitabilmente sopraffatto e vede vanificati i propri desideri.

Il film, derivato da un’opera teatrale di Monzaemon Chikamatsu (da cui il nome originale “Chikamatsu Monogatari”) ispirata da un episodio avvenuto a Osaka rappresenta, infatti, il dramma che scaturisce dal conflitto fra i personaggi fanno del proprio tornaconto personale ed economico lo scopo primario della loro esistenza (la madre e il fratello di O-san, il marito, il suo scagnozzo, lo stampatore concorrente) e i due amanti che si ribellano all’ingiustizia sociale; anche il padre di Mohei antepone alla propria convenienza ed all’accettazione supina di regole ingiuste il proprio amore per il figlio, sebbene sia conscio dell’inevitabile conclusione, ed è il personaggio più dolente del film; al padre di Mohei si contrappone l’avidità della madre di O-san, che ha combinato il matrimonio per interesse e che egoisticamente ne permette l’arresto.

La grandezza di Mizoguchi, che considero fra i sei/sette più grandi registi della storia del cinema, è evidente nella sua straordinaria capacità di esprimere i sentimenti dei personaggi e il significato profondo di quanto sta raccontando con la forza delle inquadrature. Sono famosi i suoi piani sequenza girati con la gru, la studiata composizione delle inquadrature e il gusto pittorico dei paesaggi. Il gusto per i piani sequenza deriva probabilmente dall’antica tradizione degli emakimono, storie dipinte su rotoli che erano lette srotolandoli da destra verso sinistra. Si deve anche tener presente che il suo operatore di fiducia, Kazuo Miyagawa, si era formato con la pittura monocromatica tradizione sumi-e in cui i soggetti, che per lo più rappresentano scene naturali e paesaggi con valenze velatamente simboliche, sono resi con tutte le sfumature possibili del grigio dal bianco lucente al nero profondo: sono le stesse qualità della fotografia dei film del regista, come ad, esempio nella bellissima scena degli amanti in barca sul lago, simile pittoricamente alle analoghe scene sul lago de “I racconti della luna pallida d’agosto” e “L’intendente Shanso”.

Ritengo ovvio considerare “Gli amanti crocifissi” un capolavoro assoluto ed è sorprendente notare come Mizoguchi sia riuscito a realizzare ben cinque capolavori nel brevissimo periodo dal 1952 al 1956, caso forse unico nella storia del cinema.

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