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Suzume

Regia di Makoto Shinkai vedi scheda film

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La recensione su Suzume

di Genga009
6 stelle

Nonostante evidenti difetti, il miglior film di Makoto Shinkai!

Negli ultimi anni stiamo progressivamente assistendo a una nuova versione espressiva dell'apocalisse giapponese. Quasi tutti gli autori che nella seconda metà del Novecento hanno reinterpretato le tragedie causate dall'atomica nel 1945, infatti, hanno smesso ormai di lavorare. La generazione successiva a quella di grandi maestri come Hayao Miyazaki, Isao Takahata e Yoshiyuki Tomino, ovvero quella di Makoto Shinkai (classe '73), ma soprattutto di Hiroyasu Ishida (classe '88), ha definitivamente traslato il concetto apocalittico del Giappone (Paese vittima ma, in ogni contesto storico, anche estremamente resiliente) dalle terribili vicende accadute durante la Seconda guerra mondiale al disastroso terremoto e maremoto del Tohoku, avvenuto l'11 Marzo 2011. Suzume no Tojimari, l'ultimo film diretto da Shinkai, riporta a galla questa ferita nazionale ancora fresca e non rimarginata, ancora vivida nelle memorie dei giapponesi sia giovani, sia anziani. Il Giappone, essendo uno degli Stati con la maggior superficie appoggiata sulla cosiddetta "cintura di fuoco", storicamente convive con una frequente attività sismica e vulcanica sia terrena che sottomarina, tanto che l'intera popolazione dell'arcipelago ha ormai come abitudine latente e culturale il non meravigliarsi di fronte a una scossa sismica o a un'onda anomala causata da un terremoto. Non a caso, il termine di uso internazionale per definire quest'ultimo fenomeno è appunto giapponese: tsunami. Il "Paese del Sol Levante", dunque, non era di certo disorganizzato quando, alle 14:46, l'11 Marzo di ormai dodici anni fa si verifico ciò che sarebbe stato dichiarato successivamente il più grande cataclisma della storia della nazione. Prima di quella data, le catastrofi naturali peggiori vissute dal popolo giapponese - ovviamente quelle arrivate ai giorni nostri - erano state Il Terremoto della Cascadia (1700), il Terremoto di Genroku (1703), episodi più volte riportati nell'arte ukyo-e da pittori del periodo Edo come Katsushika Hokusai, Il Grande Terremoto dell'Ansei (1854) e Il Grande Terremoto del Kanto (1923), sisma che rase al suolo praticamente tutta la piana dove tutt'ora sorge la capitale Tokyo. Nel corso del Novecento, molte opere - soprattutto letterarie - hanno non solo descritto tali disastri, bensì ne hanno trascritto il senso di terrore e di implacabile potenza distruttiva. Uno dei romanzi più famosi e importanti della letteratura "post-apocalittica" giapponese è senza dubbio Japan Sinks (1973) di Sakyo Komatsu, racconto fantascientifico-catastrofico che negli anni seguenti la sua pubblicazione influenzò notevolmente autori noti come Yasutaka Tsutsui e che ad oggi conta ben sette adattamenti tra manga, film, serie televisive e anime.

 

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Your Name. (2016): scena

 

È proprio in animazione che negli ultimi dieci anni, dopo Il Maremoto del Tohoku e in seguito a una nuova presa di coscienza dei giapponesi di che cosa significhi rimanere impotenti - anche se attrezzati - di fronte a un'implacabile energia sismica liberata nell'Oceano Pacifico, si è andata a sviluppare una poetica autoriale che tratta ormai l'apocalisse, il disastro, la rovina non più solo come una conseguenza di sconsiderate azioni umane come l'uso di armi atomiche, la sperimentazione genetica amorale e senza un pensiero etico pre-esistente ("Questo è per il bene della scienza!") e altri atti distruttivi e poco lungimiranti collegati o ai fatti di Hiroshima e di Nagasaki accaduti nell'Agosto del 1945, o a topoi appartenenti alla letteratura moderna e post-moderna del XIX e del XX secolo (per esemplificare: dai racconti di Mary Shelley ai romanzi di Philip K. Dick). La catastrofe ormai ha cause sia umane, sia naturali. Gli artefici dei cataclismi possono essere quindi gli uomini o le donne come gli spiriti, e di contro possono essere umani o dèi gli enti che devono difendere il Giappone dai cataclismi, o prevenirlo da essi. È dell'anno scorso il film d'animazione La Casa tra le Onde di Hiroyasu Ishida, giovane regista che con il suo secondo lungometraggio ha tracciato un confine tanto astratto quanto pragmatico e realista dell'acqua come elemento da temere. Ed è invece del 2016 Your Name di Makoto Shinkai, film che - oltre che a generare una copertura mediatica internazionale senza precedenti nella storia dell'animazione giapponese recente - ha parzialmente trasformato in "impegnata" la poetica autoriale acerba di un regista che prima, dal 2004 al 2013, aveva proposto al cinema opere melodrammatiche dal contenuto strettamente mellifluo. In Your Name, infatti, Shinkai rende non più solo estetico e romantico il valore della cometa, come invece si presenta in 5 Centimetri al Secondo (2007), bensì rende la caduta dell'astro un espediente interessante per mostrare quanto la bellezza di una casualità naturale possa significare morte e devastazione per l'uomo. Tre anni dopo, in Weathering with You (2019), il regista indica invece l'essere umano come causa, effetto e nemesi del cataclisma, questa volta metereologico e direttamente legato all'acqua, dirigendo quindi il proprio discorso concettuale verso la problematica contempoeanea del riscaldamento globale (evento anche questo di origine sì naturale ma pesantemente condizionato dall'attività umana).

 

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Suzume (2022): scena

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Suzume (2022): scena

 

Risulta chiaro dunque che Shinkai, più di Ishida anche per motivi anagrafici, sia il principale portavoce di una nuova animazione giapponese post-apocalittica, una corrente - molto più "all'acqua di rose" e assai meno complessa rispetto a quella post-verniana / cyberpunk dettata da capostipiti del sotto-genere sci-fi come Conan Il Ragazzo del Futuro (1978) di Hayao Miyazaki o Akira (1988) di Katsuhiro Otomo - che, almeno fino al 2019, non aveva brillato di originalità e di un impegno sostanziale non perché priva di novità o di guizzi teorici realmente stimolanti, bensì poiché perlopiù sceneggiata e diretta da un artista da sempre impegnato a mettere in scena storie d'amore banali contornate da elementi chiave gradevoli e intriganti. Dopo quattro anni di lavorazione, due dei quali passati in piena emergenza Covid-19, il suo nuovo film Suzume no Tojimari (2022) cerca per fortuna di rimettere sulla giusta carreggiata una sequela di film record di incassi che sapevano - e che purtroppo sanno ancora - di occasioni qualitativamente sprecate. Il nuovo lungometraggio della CoMix Wave Films, infatti, presenta finalmente la catastrofe naturale nella propria concezione più moderna salvaguardando il racconto da una love story potenzialmente soffocante e mediocre. Insieme a Shinkai, i produttori Koichiro Ito e Genki Kawamura delineano una trama che mette in primo piano Il Maremoto del Tohoku e le essenze dell'opera risultano essere proprio i terremoti che si generano da milioni di anni al di sotto dell'arcipelago giapponese. Il regista, dichiaratamente predisposto verso una descrizione puramente visiva delle espressioni e degli elementi di umanità dei suoi personaggi, trova il modo migliore per non opprimere i meravigliosi sotto-testi di Suzume no Tojimari con una classica storia d'amore (comunque presente ma sviluppata in maniera più adulta e sofferta rispetto a quelle narrate nei suoi lungometraggi precedenti): trasformare l'amato della protagonista in un oggetto senziente e far percorrere a entrambi i personaggi principali un viaggio arduo, tortuoso e caratterizzato da un velato senso di tensione sempre in agguato. L'opera infatti è un road-movie che si estende, da un punto di vista spaziale, dalle coste orientali del Kyushu alle sponde nord dell'Honshu attraverso un tragitto costellato di nuovi incontri - sempre fortunati e positivi - e di ricongiungimenti non sempre piacevoli.

 

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Suzume (2022): scena

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Suzume (2022): scena

 

Ciò che risulta riuscito dal punto di vista narrativo è il diverso approccio di ritmo che scandisce in due parti ben distinte il lungometraggio, caratterizzato nella sua prima ora da un ottimo equilibrio tra il genere d'avventura e quello della commedia fantastica, ovvero strettamente coinvolta in vicissitudini irrealistiche e, per questo, divertenti, mentre nella sua seconda ora definito in modo più classico da un viaggio "della speranza" in automobile alla cui fine si decidono le sorti dei personaggi e della storia corale. La durata complessiva del film, ben 122 minuti di visione, non risulta pesante, tuttavia la seconda parte scade in alcuni indugi narrativi piuttosto inutili ai fini del racconto. La componente melodrammatica esagerata propria di quasi tutte le produzioni di Shinkai si nota solamente in pochi minuti, soprattutto durante il finale, il che ne giustifica l'esasperazione visto che viene inserita solo nel climax emotivo dell'opera, ossia nel miglior contesto di trama possibile. La scansione degli eventi risulta quindi avvincente e quasi mai distaccata, mentre la caratterizzazione dei personaggi migliora sensibilmente le personalità piuttosto bidimensionali con le quali la CoMix Wave Films ha da sempre creato le proprie maschere secondarie. Proprio i personaggi di contorno, infatti, vengono descritti e raccontati dando loro un'estrema importanza narrativa, soprattutto come sostegni per la protagonista. Di contro, proprio per questo motivo, tutti i secondari risultano nient'altro che pedine al servizio di Suzume e, per questo, non acquistano - tranne la zia/madre adottiva - alcuna forma di approfondimento psicologico. Anche il co-protagonista Souta, tolto il fatto che per tre quarti di film impersona una seggiolina, rimane piuttosto anonimo dall'inizio fino alla fine del lungometraggio. Il vero problema, tuttavia, si può ritrovare in Daijin, il "gatto" che per la prima metà dell'opera sembra essere l'antagonista e che poi, anche lui per servire Suzume, diventa improvvisamente un personaggio aiutante raggrinzito fino al pre-finale. Il film fa ben comprendere come Daijin sia sempre stato, in realtà, un prezioso alleato della coppia principale, anche se estremamente fastidioso, tuttavia la sua presenza come "chiave di volta vagante" dall'incipit fino alla conclusione della trama rende la sua ambiguità tanto discutibile quanto, di fatto, motrice stessa della storia.

 

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Suzume (2022): scena

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Suzume (2022): scena

 

Un altro elemento piuttosto enigmatico del film risulta essere la vicinanza concettuale, visiva e, soprattutto, narrativa di Suzme no Tojimari con una buona parte della filmografia di Hayao Miyazaki. Se, come dichiara Shinkai, lo Studio Ghibli e, in particolare, il lungometraggio Kiki Consegne a Domicilio (1989) vengono espressamente citati e valorizzati come influenze stilistiche importanti (riferimenti che il regista propone in ogni suo lavoro dai suoi primi esordi), sono invece molto meno contestualizzati e quasi "presi in prestito" sia alcuni personaggi che determinati ambienti e meccanismi fantasy de Il Castello Errante di Howl (2004). Daijin soffre casualmente della stessa falsa - o ipocrita - malvagità della "Strega delle Lande", infatti entrambi trasformano un personaggio principale all'inizio del film e diventano scialbi quando vengono sconfitti; il design di Souta ricorda molto un Howl dai capelli mori; il cosiddetto "altrove" in Suzume no Tojimari viene presentato esattamente come il sogno di Howl; l'espediente delle porte dimensionali ricorda proprio quello dell'ingresso del castello di Calcifer. Tali vicinanze o, in alcuni casi, vere e proprie analogie di certo non donano particalare qualità alla pre-produzione dell'ultimo lungometraggio di Shinkai, regista che - come Hiromasa Yonebayashi e Mamoru Hosoda - da anni viene purtroppo descritto come possibile "erede di Miyazaki" quando è chiaro che al massimo dovrebbe essere riconosciuto come un buon aspirante al ruolo che Miyazaki ha rappresetato - e continua a rapprestare - nell'industria dell'animazione mondiale. Se, dunque, l'opera della CoMix Wave Films non brilla per le proprie basi fantastiche, tanto legate alla mitologia orientale e alla spiritualità shintoista quanto riciclate da Il Castello Errante di Howl e da Kiki Consegne a Domicilio, tuttavia migliora notevolmente il livello di approfondimento realistico del Giappone attuale, una nazione che dopo l'11 Marzo 2011 ha dovuto rialzarsi in seguito a uno dei cataclismi più violenti che l'uomo abbia mai potuto vedere e registrare in video.

 

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Suzume (2022): scena

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Suzume (2022): scena

 

Suzume no Tojimari, infatti, è stato tacciato di un eccessivo spirito nazionalista e di aver manifestato troppa positività verso ciò che vuole descrivere. Di fatto non esistono personaggi negativi incontrati da Suzume lungo il proprio viaggio e l'unica vera minaccia del film, "il verme", viene relegato ad essere un mostro enorme dal dubbio stato cosciente che, non si sa per quale motivo, vuole uscire dal mondo degli spiriti e "cascare" sopra il Giappone. Nonostante alla base dei kami - gli dèi e gli spiriti soprannaturali giapponesi - presenti nel film vi sia una pochezza contestuale disarmante e indifendibile, il film non soffre di tale mancanza poiché si limita a dare un'origine divina ai terremoti, ed è esattamente ciò che serve al racconto per avere un senso metaforico al di fuori dell'universo fantasy di Shinkai. Non è chiaro quanto il regista sia stato padrone della propria sceneggiatura per questo film, siccome in un'intervista dichiara che la sua idea iniziale era quella di scrivere una storia d'amore tra due ragazze e, partendo da quel presupposto, sviluppare poi la trama completa del lungometraggio. Per questo motivo non si può sapere se tutte le somiglianze con Il Castello Errante di Howl, la mancata base concettuale/spirituale dei kami e il servilismo di alcuni personaggi siano stati voluti dall'autore o proposti e guidati dai produttori. Shinkai ha comunque inserito una sorta di parentesi di amicizia leggermente intima tra la protagonista e una ragazza che incontra durante il viaggio e, anche in questo film (come in quasi tutte le sue opere), non si è fatto scappare il suo attaccamento verso i piedi della protagonista. Ogni regista-autore, anche in animazione, è libero di esprimere i propri riferimenti verso le pulsioni erotiche che preferisce, e nel caso di Shinkai sono sempre state messe in scena con estrema delicatezza (basti vedere Il Giardino delle Parole del 2013).

 

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Suzume (2022): scena

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Suzume (2022): scena

 

La CoMix Wave Films, probabilmente per via dei due anni di pandemia, non ha raggiunto le vette tecniche di Your Name per ciò che riguarda il compositing delle immagini. I modelli 3D sviluppati per rappresentare singoli elementi in movimento, come per esempio le automobili, risultano stucchevoli e spesso, soprattutto alla presenza de "il verme", ciò che a schermo viene definito da un'animazione tradizionale sorpassa in qualità ogni particolare digitale, sia esso scenografico o inserito in post-produzione non fa differenza. Il solido punto di forza del film, come di tutte le ultime produzioni dello studio, resta sempre una fotografia - in questo caso assieme alla direzione artistica di Takumi Tanji - che riesce, grazie a sfumature crepuscolari e a particellari luminosi particolarmente presenti, a rendere il film spettacolare senza dare all'occhio un'impressione posticcia. Assieme alla regia scolastica ma puntuale e funzionale di Shinkai, in Suzume no Tojimari non molto ispirata tecnicamente ma dinamica e sorprendentemente riuscita nei brevi piani sequenza - con l'obbiettivo appena dietro la seggiolina - che fanno immergere l'osservatore nei vari inseguimenti del film, le musiche dei Radwimps e di Kazuma Jinnouchi rappresentano un altro vertice di quest'opera. La colonna sonora, infatti, riesce ad alternare classica epica post-minimalista alla Hiroyuki Sawano (con tanto di inserti coreutici di genere gagaku) a brevi incursioni big band e synth-pop, generando quindi un buon miscuglio di sinfonie e di fraseggi che riescono ad accompagnare e a diversificare al meglio vicissitudini di carattere action, slice of life e di tensione emotiva dei personaggi. In definitiva, dunque, il lungometraggio non colpisce tanto per l'impatto visivo quanto per ciò che vuole rappresentare metaforicamente, al di là delle incongruenze narrative e delle similitudini con opere di tutt'altro calibro e di tutt'altra fattura. Nonostante le numerose imperfezioni di un comparto sceneggiativo a volte sostenuto dalla sola sospensione dell'incredulità, Suzume no Tojimari risulta il miglior film della carriera di Makoto Shinkai e della casa di produzione CoMix Wave Films, realtà artistiche che in futuro, visto il percorso di crescita che stanno compiendo, potrebbero realizzare lavori ancora meno derivativi e, perciò, finalmente e realmente nuovi, così da poter trainare il cinema d'animazione giapponese non solo economicamente.

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