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Il Principe e il pirata

Regia di Leonardo Pieraccioni vedi scheda film

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La recensione su Il Principe e il pirata

di FilmTv Rivista
6 stelle

Due uomini in automobile e con una vita, nonostante tutto, in comune. Da Palermo a Saint-Vincent. Verso un’eredità, un quadro che vale 250 milioni, lasciata da un padre, indebitato per sei miliardi, che finge di morire per continuare a vivere. Il quieto maestro Leopoldo (Pieraccioni), dalla vita piatta e monotona, scopre di avere un fratellastro, Melchiorre (Ceccherini), detto Gimondi, di professione ladro e scippatore fin dalle scuole medie, fan del mago Silvan, detenuto all’Ucciardone per rapina. La “morte” del papà (simpatica canaglia e donnaiolo) riunisce i due fratelli per caso e li costringe ad un viaggio, con parecchie soste e deviazioni, incidenti e pericoli improvvisi, buffi incontri. Ogni volta che il cammino rallenta o si ferma (Calabria, Napoli, l’amata Versilia, Firenze, Biella) i due protagonisti, troppo diversi per non somigliarsi, imparano a conoscersi, ad accettarsi, a raccontarsi la comune solitudine tra una fuga precipitosa, un furto d’auto, i bancomat illegali nelle chiese, una pausa in un cassonetto, un tuffo in una piscina, con squalo, nella casa di un boss sulla costiera campana. Sono gli incontri a dettare il ritmo e l’atmosfera del film “on the road”: un vecchio amore complice di assalti alle banche e agli uffici postali con le maschere di Ronaldo e Batistuta (una felice gag), una madre che sviene sempre, una moglie perduta, un vecchio compagno di cella, un bagnino che conosce a memoria tutti gli stradari d’Italia. Si può diventare “fratelli” in pochi giorni unendo il cuore fratturato del malinconico maestro con il cuore zingaro del tenero criminale. Pieraccioni e Veronesi hanno in testa il modello agro e ilare di “Il sorpasso” e le frizioni caratteriali del “buddy movie”. Alcune sequenze sono costruite bene, alcune figure di contorno (Don Capece) sono molto riuscite, alcune battute sono divertenti. La strana coppia funziona e affronta l’esame di maturità che porta dalle maschere ai personaggi, dall’ingenuità delle favole all’accettazione della realtà.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 52 del 2001

Autore: Enrico Magrelli

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