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War - La guerra desiderata

Regia di Gianni Zanasi vedi scheda film

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La recensione su War - La guerra desiderata

di mck
6 stelle

Non è proprio un desiderio di guerra... È più quella voglia d'invadere Civitavecchia per renderla una exclave insubrica. Spezzare le reni alle Baleari, sfilare per le Ramblas bombardate e riprendersi la Corsica. Poi toccherà al fronte orientale.

 

Ho sempre considerato le filmografie di Gianni Zanasi (“A Domani”, “Non Pensarci” - il lungometraggio e il serial -, “la Felicità è un Sistema Complesso”, “Troppa Grazia”) e Daniele Vicari (“Velocità Massima”, “l’Orizzonte degli Eventi”, “il Passato è una Terra Straniera”, “Diaz - Don’t Clean Up This Blood”, “Sole Cuore Amore”, “Orlando”) se non interscambiabili almeno consimili, però questo “War - la Guerra Desiderata”, incerto sin dal titolo composto anglo-italico, segna forse una cesura se non irrimediabile almeno consistente fra i due (nella mia capoccia accomunati), avvicinando il regista del precedentement’ottimo “Troppa Grazia” ad autori quali Sidney Sibilia e Guido Chiesa (quello che, post-“Lavorare con Lentezza”, vide la Madonna) piuttosto che a quello, anche più prolifico, dell’eccezionale “Sole Cuore Amore” e del validissimo “l’Alligatore”.

Una Caporetto? Una Ritirata di Russia? Una Crisi di Sigonella. Punteggiato da qualche momento riuscito che però viene diluito e dilavato da una generale non dico sciatteria, ma incertezza ed approssimazione dell’impianto plenario, quelle sì, nonostante la lunghezza (due ore abbondanti, ed esclusi i titoli di testa - comprensivi della superflua e fuori luogo didascalia specificante che il copione è stato scritto nel 2019, tre anni prima dell'invasione russa dellUcraina - e coda) non annoia (dal prologo cronacaneristico all’epilogo surrealista), e la sospensione dell’incredulità viene sempre rintuzzata da dei “lo dimo” messi lì ad “arte” dalla sceneggiatura stilata, traendola da un suo soggetto, dallo stesso Zanasi col fido Michele - e l’aggiunta di Lucio - Pellegrini. Riassumendo: come scrive @supadany nel suo pezzo, “stilettate efficaci e fondamentali claudicanti”. Riconosco che le nominali tre stelle da sufficienza piena sono un po’ troppe nonostante il buon cast (che però non riesce mai a far propria la scena, ad impossessarsi del palcoscenico) composto anzitutto da Edoardo Leo, con qualche cedimento come ne “gli Uomini d’Oro”, e Giuseppe Battiston, sodale del regista, con una scena madre e qualche d’una orfana, e poi da Miriam Leone (nella norma), Stefano Fresi (anche lui con un climax, all’inizio, e poi a spegnersi/perdersi), Carlotta Natoli (sempre brava), Massimo Popolizio (un conrad-coppola-brandiano Curtz mancato in versione SPA, nel sendo di salus/sanitas per aqua-m/s, quindi un Guido Crosetto ante-litteram, con reminiscenze minnitiane), Antonella Attili, Bruno Todeschini, Teco Celio, Anna Mouglalis, Barbara Alberti e, forse, la miglior prestazione di Paolo Briguglia dai tempi di “Buongiorno, Notte”, ed infatti il giudizio più “veritiero” s’attesta s’un (generoso, ma non immotivato) 5.75 ch’è una crasi fra le buone maestranze tecnico-artistiche e la delusione cumulativa, anche se non proprio tumulativa. Fotografia di Michele D’Attanasio, montaggio di Rita Rognoni e dello stesso Zanasi, musiche di Setak (aka Nicola Pomponi) e Fabrizio Cesare (e un paio di pezzi di Cosmo, aka Marco Jacopo Bianchi) e produzione della stessa Rita Rognoni e Beppe Caschetto (Pupkin/IBC) con Vision, Sky, Amazon e fondi lazial-europei. Tra i ringraziamenti: l’Aeronautica Militare, Lucio Caracciolo, Dino Tricarico e Giacomo Ciarrapico. E adesso ho come la voglia di invadere Civitavecchia per renderla una exclave insubrica. Spezzeremo le reni alle Baleari, sfileremo per le Ramblas bombardate e ci riprenderemo la Corsica. Poi toccherà al fronte orientale.

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