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I dieci comandamenti

Regia di Cecil B. DeMille vedi scheda film

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La recensione su I dieci comandamenti

di EightAndHalf
7 stelle

Alla fin fine, il genere kolossal è Cinema ai massimi livelli, nella sua dimensione più popolare e paradossalmente meno pretenziosa. L'immagine è sfruttata nella sua totalità, riempita in ogni suo buco, e qualunque azione o movimento è amplificato dal carattere assoluto, biblico e mastodontico della messa in scena. The Ten Commandments, le leggi "della libertà", contrarie al potere nefando dei regni, degli uomini e degli idoli. Le culture si spogliano delle loro problematicità e diventano figure essenziali: religioni che si scontrano di petto, magia e verità rivelata, schieramenti manichei che si addicono ovviamente alla Totalità dei valori assoluti, sofferenza e malafede, schiavi e padroni. Lo sforzo, infine, di un regista (maestro della Settima Arte, Cecil B. De Mille) di ricreare simile parvenza totale, universale, se vogliamo "generalizzata", ma comunque attenta e riflessiva, di un mondo leggendario. Il lavoro di emulazione di The Ten Commandments trova riscontro già a partire dalla durata, che vuole permettersi di contenere più storie possibili, una summa di tutte le suggestioni religiose del Cristianesimo e di gran parte dell'Esodo nel Vecchio Testamento. Ma allo stesso tempo si contempla sotto altri aspetti la vita di Mosè, che dal gretto materialismo idolatrico egiziano passa a una condizione di ascesi, di maggiore astrazione, che lo avvicina alla divinità. Tutto è condito in salsa spettacolare, i dialoghi si accompagnano a espressioni e modi artefatti e teatrali (con una composizione figurativa non casuale), e la mdp si muove quanto necessario, rivelando di tradurre solo in parte l'insegnamento figurativo di Griffith (il lento avvicinarsi dell'occhio della Storia). Così come in Intolerance ci fermiamo anche noi nelle pause dei protagonisti, e osserviamo i balli, i movimenti, volendo anche le battaglie, o la marce, ma Griffith si accompagna ai movimenti messi in scena (con la dinamicità, il montaggio), rivelandosi a tratti ancora più moderno di un De Mille assolutamente imbalsamato, che poco concede al brivido della cinematica. Il mondo si muove, nelle posizioni prestabilite, ma la telecamera lo guarda da lontano, a distanza. Il mondo si affolla, ma noi restiamo dotati di uno sguardo asettico. Forse qui sta il piccolo livello di freddezza di The Ten Commandments, ricco di interessi nevvero, ma anche spirante piccoli attimi di tedio durante i dialoghi un po' tirati per le lunghe. Forse è anche il passare degli anni, il film ha superato il cinquantennio, ma un film così biblico e presunto monumentale doveva resistere meglio anche all'usura del tempo.

 

 

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