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Marx può aspettare

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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La recensione su Marx può aspettare

di sasso67
9 stelle

Marx può aspettare è un film emozionante e, a mio parere, uno dei migliori dell'ormai lunga carriera di Marco Bellocchio.

Si tratta di un'opera con la quale il regista piacentino fa i conti con la propria famiglia e in particolare con una tragedia che l'ha colpita alla fine del 1968, ossia il suicidio del fratello gemello Camillo. In realtà Bellocchio (Marco) era tornato più volte sull'argomento, toccandolo talvolta più di sghimbescio (I pugni in tasca, 1965) ed in altre occasioni più direttamente (Gli occhi, la bocca, 1982; L'ora di religione, 2002), ma questa volta dovrebbe essere quella definitiva, comportante un'assunzione di responsabilità che non cancella, ma forse rende espliciti, i sensi di colpa dei membri superstiti di una famiglia probabilmente degna di figurare ad oggetto di un grande romanzo del genere dei Buddenbrook (Th. Mann) o Le correzioni (J. Franzen).

Il film prende le mosse da un pranzo/riunione familiare svoltosi nel 2016 con i fratelli Bellocchio ancora in vita (oltre a Camillo, sono scomparsi Tonino e il primogenito Paolo, il pazzo della famiglia, il personaggio al centro di L'ora di religione, mentre Piergiorgio, l'indiscusso intellettuale del gruppo, è scomparso il 18 aprile 2022, qualche tempo dopo l'uscita del film), per trasformarsi in una sorta di seduta psicoanalitica, come dimostra la presenza dello psichiatra Luigi Cancrini tra gli intervistati.

Marco Bellocchio, soprattutto nei confronti con i fratelli e le sorelle (straordinariamente espressiva la sorella Letizia, sordomuta di nascita), dimostra una notevole sensibilità, acuita proprio dal confronto con una tragedia tale da sconvolgere la mente della madre di una famiglia tanto numerosa.

La frase del titolo «Marx può aspettare» è quella che Camillo disse a Marco quando quest'ultimo, politicamente engagé, gli suggerì la rivoluzione proletaria come soluzione alle proprie angosce esistenziali. Il fratello suicida voleva dire che aveva altri problemi, più personali (e preliminari rispetto alla rivoluzione), da risolvere, prima di pensare alla politica. Marco Bellocchio, con questo film, confessa che non comprese – come nessun altro della sua famiglia – la profonda sofferenza del fratello ed afferma di averla capita soltanto in ritardo. Ma con Marx può aspettare Bellocchio ribadisce per l'ennesima volta la pregnanza della morale e dell'educazione cattoliche nella società italiana nella quale crebbero gli otto fratelli piacentini, come dimostra il dialogo con il sacerdote del regista con il sacerdote gesuita Virgilio Fantuzzi, che interpreta la filmografia bellocchiana come la sequela delle stazioni di una sua personale via crucis e come sedute al confessionale, al termine delle quali il confessore si offre, dopo avere impartito una non richiesta assoluzione, di fare la penitenza al posto del peccatore.

Anche su quest'ultimo aspetto, Bellocchio espone la propria visione, ormai senza rabbia repressa e pugni nascosti, ma con la consueta (almeno per gli ultimi anni) lucidità.

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