Regia di Sam Raimi vedi scheda film
Dopo “No Way home” il rischio della predominanza del fan service (camei vari, citazioni) ai danni della storia era forte, ma questo sequel dimostra a chi valuta un cinecomic in base alla “familiarizzazione” che ci sono altri parametri da prendere in considerazione. Qui ciò che conta è l’atmosfera: tesa, ritmata, musicata, con vari dettagli che ci ricordano puntualmente il pericolo, il villain che insegue i protagonisti senza un attimo di pausa (siamo dunque in ambito slasher, dato che la difesa e la fuga dal potente cattivo caratterizza l’impianto narrativo). Un capitolo dunque “di genere” del Marvel Cinematic Universe, capace di amalgamare due conflitti interiori (Strange e Wanda), facendoli confrontare attraverso la grande metafora dell’altro sé, da comandare a proprio piacimento, che apparentemente è la soluzione dei loro problemi, in realtà è solo la parte centrale di un’evoluzione. Il comparto sonoro, tra silenzi e improvvisi picchi, coinvolge lo spettatore e fa identificare con la paura dell’ignoto dei protagonisti, mentre il lato visivo risalta subito all’occhio e si configura come ulteriore narrazione evocativa, grazie soprattutto a improvvise dissolvenze incrociate che alimentano la fantasia e le associazioni mentali di chi guarda, e due sequenze brillano per fantasia (il passaggio in caduta libera da un portale all’altro e la battaglia con note musicali). Il gioco dei multiversi incuriosisce e appassiona, a tal punto però da desiderare un minutaggio più lungo e la durata minore per i blocchi narrativi dialogati, e maggiore per le esplorazioni degli altri mondi.
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