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La figlia oscura

Regia di Maggie Gyllenhaal vedi scheda film

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La recensione su La figlia oscura

di Gangs 87
6 stelle

Leda. Insegnate in vacanza in Grecia, entra in contatto con una famiglia invadente e rumorosa di cui fa parte anche Nina e la piccola figlioletta. Il loro rapporto permetterà alla donna di mettere in discussione il suo passato e il rapporto che aveva ed ha con le sue figlie ormai adulte.

 

Ogni azione ha una reazione. Questo Leda lo sa bene. Lei che alla serenità delle figlie ha sempre anteposto la sua. Con scelte discutibili ed egoiste ha avuto il coraggio di vivere la vita che voleva o almeno che credeva di volere, ed ora combatte con i demoni che si porta dentro perché si rende conto di non avere più tempo per recuperare l’amore andato.

 

Partendo dal bellissimo, omonimo, romanzo di Elena Ferrante, l’esordio alla regia di Maggie Gyllenhaal, che ha curato personalmente la sceneggiatura, rivela qualche falla. Pur possedendo il fascino delle cose non dette, la regista infatti si serve molto più delle immagini che delle parole, delle sensazioni trasmesse attraverso i gesti o gli sguardi, il film non ha il carattere necessario a sostenersi totalmente su di essi.

 

Il modo in cui la regista decide di raccontare il romanzo lo fa utilizzando il metodo proprio che è della lettura. Sembra infatti di leggere un libro piuttosto che vedere un film e la capacità della Gyllenhaal sta proprio nell’essere riuscita, almeno in parte, a carpire le medesime emozioni che si provano leggendo il romanzo della Ferrante. Il merito è senza dubbio dell’ottima interprete, Olivia Colman, capace di donare a Leda la malinconia e l’egoismo necessari affinché il suo modo di agire e di pensare possano risultare credibili.

 

Nel rimaneggiare la sceneggiatura però, sembra che la Gyllenhaal abbia eliminato o dimenticato un elemento importante del racconto. Quella sorta di pregiudizio che impregna le pagine del romanzo, quella vocina impercettibile ma pur sempre presente nelle scelte “poco rispettabili” di cui Leda si macchia, che è tipica di chi tende a giudicare senza cognizione di causa, prima vittima di un modo di pensare e di essere condizionato da dettami di un popolo retrogrado.

 

L’assenza di questo elemento, che intravediamo solo un attimo negli occhi dell’antagonista di Leda, Nina (Dakota Johnson) nel momento in cui viene a conoscenza dell’abbandono di Leda ai danni delle figlie all’epoca bambine; proprio lei, Nina, madre più degna di essere definita tale perché disposta a sacrificare sé stessa pur di non sconvolgere le apparenze. Motivo per cui la commozione che a volte anima Leda o piuttosto quello che sembra avere le sembianze di un pentimento che in alcuni momenti la scuote, diventa incomprensibile; incompatibile con ciò che vediamo della protagonista, convinta delle sue scelte e sempre mossa da desideri incontrollabili ma opportuni rispetto alle sue esigenze e al suo essere.

 

Un film pienamente femminile, scritto da donne, diretto e recitato da donne, che racconta un ritaglio di vita ampiamente e irrimediabilmente condizionato dalle scelte immature e istintive di una mente giovane. Sommariamente un esordio più che sufficiente che se analizzato nel dettaglio rivela qualche macchia non sempre ignorabile che nel giudizio finale grava negativamente.

 

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