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Quella villa accanto al cimitero

Regia di Lucio Fulci vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Quella villa accanto al cimitero

di Mabuse99
8 stelle

Una pellicola irrinunciabile per tutti gli amanti dell'horror - specialmente quello italiano - e del cinema puro.

I coniugi Lucy e Norman Boyle, insieme al figlioletto Bob, si stabiliscono a Boston in una villa su cui gravano delle superstizioni: la famiglia scopre che il precedente proprietario dell’abitazione si tolse la vita dopo aver ucciso la moglie. Ma le orribili cronache raccontano di un misterioso dottor Fredustein che, nel XIX secolo, praticava esperimenti anatomici nelle fondamenta della casa… 

 

Una delle opere più intime e sconvolgenti del “poeta del macabro” Lucio Fulci, nonché sintesi magistrale di tutte le sue ossessioni. Nel concepire questa affascinante partitura horror il regista romano considera un plot lineare che si dispone per schemi narrativi “classici” e funzionali, assecondati dall’uso sapiente della suspence. Si tratta di una scelta registica lontana dalla decostruzione narrativa messa in campo nel film precedente …E tu vivrai nel terrore! L’aldilà (1981) – suggestiva unione fra mystery e splatter – dove l’astrazione visiva dell’orrore era resa pulsante da folgoranti visioni grandguignolesche, capaci di sgretolare la narrazione subordinandola ad un’estetica onirica. Eppure le tematiche racchiuse nel soggetto di Quella villa accanto al cimitero – e la loro messa in scena – rievocano un mosaico formato da elementi ricorrenti nella filmografia di Fulci: i bambini di Non si sevizia un paperino (1972), il passato incombente di Sette note in nero (1977), lo sgomento viscerale di Zombi 2 (1979)…La visione del film comporta dunque l’immersione in un terrore sfaccettato, che assalta i protagonisti e lo spettatore in egual misura: carne e sangue, ombre e rumori finiscono per amplificare un’inquietudine sempre più destabilizzante. A garantire lo spavento genuino sta un citazionismo letterario e iconografico non indifferente: Fulci esalta il contrasto tra atmosfere teatrali e fiabesche (la casa nel New England) e quotidiane (la città di New York), accentuando la componente soprannaturale che si cela dietro l’apparenza della normalità. L’ignoto si intreccia nell’ordinario in maniera traumatica e raccapricciante, l’orrore “sotterraneo” si rivela per fasi episodiche man mano più terribili, fino ad esplodere nella tragedia…In questo si rivela la devozione a H.P.Lovecraft e alla sua letteratura horror: la narrazione allucinante del “solitario di Providence” è  qui tradotta in fotogrammi inquietanti, in un climax che da letterario diviene cinematograficao e sensoriale. La presenza di situazioni claustrofobiche ed esasperate testimonia inoltre l’ammirazione verso E.A.Poe e i suoi racconti, citati nella pellicola con rinnovata alienazione psicologica. L’ossessione per il mondo infantile richiama le antologie di Henry James, rivolgendosi in particolare al racconto di fantasmi Giro di vite. In ambito filmico, Quella villa accanto al cimitero appare come la risposta italica a Shining (1980), manifesto epocale dell’ horror neoclassico che il “terrorista di generi” rielabora con originalità: se Jack Torrance si appresta a sfondare una porta a colpi di scure per sterminare la propria famiglia, nell’opera di Fulci il padre Norman cerca di salvare il figlio abbattendosi sulla cantina con un’accetta, ignaro di poterne causare la morte (dall’altra parte una mano mostruosa spinge il bambino contro la soglia)…ci si trova di fronte ad un geniale ribaltamento del contenuto ideologico della scena, per il quale Fulci trasforma la rabbia animalesca del genitore in una sfortunata impotenza, una sorta di incomunicabilità generazionale che può avere effetti devastanti.  Se Stanley Kubrick diede avvio ad una nuova concezione dell’ horror all’inizio degli Anni Ottanta, l’americano Sam Raimi non fu da meno: nel 1981 esplose il culto del film La Casa, un’ opera visivamente anarchica e spiazzante che – su lezione di Quella villa accanto al cimitero  – narra di un orrore acquattato nelle profondità di un’abitazione… La potenza visiva del regista italiano è quindi al suo apice: le scene più estreme e sanguinolente (dalla primo omicidio all’attacco del pipistrello) si pongono al servizio della materia narrativa – offrendo all’occhio dello spettatore immagini scioccanti volte a raccontare paure ancestrali – e le sequenze più struggenti finiscono per valorizzare i ruoli dei personaggi. Lucio Fulci si riconferma un tecnico della paura, un artigiano del terrore che conosce profondamente l’arte di spaventare: la tensione aleggia in ogni momento della pellicola, accentuandosi in un crescendo di panico e violenza; l’uso personalissimo della macchina da presa – si passa da inquadrature fisse e consolatorie a raggelanti piani sequenza – e quello stimolante della fotografia – colori intensi e solari si possono incupire sotto l’effetto di luci drammatiche, espressioniste – donano all’opera un vigore artistico sorprendente. La mente di Fulci partorisce una storia densa di significati atavici: la figura dell’orco come spauracchio infantile, gli spazi bui e angusti che diventano teatro dei riti di iniziazione, il contatto con la morte che fa scorgere una dimensione “altra”… In conclusione, l’ entrata in scena del Dr.Freudstein squarcia lo schermo in maniera raccapricciante, come se il regista emergesse dall’oscurità del fuoricampo: l’uomo nero torna a rubarci il sonno affinché gli incubi che hanno popolato la nostra infanzia non vengano dimenticati.

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