Espandi menu
cerca
Il profumo della signora in nero

Regia di Francesco Barilli vedi scheda film

Recensioni

L'autore

degoffro

degoffro

Iscritto dal 10 gennaio 2003 Vai al suo profilo
  • Seguaci 99
  • Post 165
  • Recensioni 929
  • Playlist 23
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Il profumo della signora in nero

di degoffro
8 stelle

"C'era una donna seduta là!" "Che dici?" "Ti giuro, l'ho vista. C'era una donna e mi guardava!"

Sinistro, malsano e sconvolgente horror/thriller all'italiana firmato dall'inedito Francesco Barilli, già attore per Bertolucci ("Prima della rivoluzione") e Pietrangeli ("La Parmigiana"), ma soprattutto noto come pittore. "Il profumo della signora in nero" ha una sceneggiatura, firmata dal regista con Massimo D’Avak con cui aveva già scritto “Chi l’ha vista morire?” per Aldo Lado e “Il paese del sesso selvaggio” per Lenzi, non sempre inappuntabile (fusione di due originali soggetti, la storia di una schizofrenica e quella di una setta di cannibali a Ginevra ed ispirata da un viaggio in Africa del regista stesso), perché la follia della protagonista viene talvolta utilizzata in modo fin troppo arbitrario, ma può contare su un'atmosfera inquieta, avvolgente e disturbante, letteralmente da pelle d'oca, degna del miglior Polanski. Ed infatti i riferimenti più immediati, con le dovute proporzioni, sono tre capolavori del regista polacco: "Repulsion", "Rosemary's baby" e "L'inquilino del terzo piano" (quest'ultimo però di due anni successivo all'opera di Barilli che ne anticipa, involontariamente, temi, sviluppi narrativi e personaggi), filtrati attraverso gli squarci di violenza improvvisa e terrificante dei primi classici di Dario Argento. Barilli rivela un talento registico non comune oltre che assai elegante (alcune riprese all'interno del palazzo, sulle scale, sono fenomenali, così come diverse sequenze nell'appartamento di Silvia, il piano sequenza iniziale è da vero maestro), sfrutta al meglio la sua abilità di pittore per valorizzare ambienti ed oggetti (mirabile la fotografia di Mario Masini, lo stesso Morandini che ha detestato il film parla di “gusto figurativo non comune”), crea una tensione palpabile, metafisica, spesso insostenibile poggiandosi su elementi quotidiani, ordinari. Inoltre spaventa sia con sequenze di dirompente impatto (tutte le apparizioni del fantasma della bambina, inevitabile rimando al cinema di Mario Bava, l'aggressione alla villa ai danni di Silvia da parte di Nicola, l'inconsueta pappa per i gatti con dita umane, il flashback in cui Silvia rivede l'amplesso tra la madre e Nicola) sia con sequenze di sottile, evocativa inquietudine (la lettura della mano di Silvia da parte della maga, il racconto sui rituali di magia nera fatto dal professore africano, autentica anticipazione degli sviluppi successivi, la prima visita di Silvia alla casa di Roberto con la sua già deviata immaginazione che la porta a vedere una donna - la madre - riflessa nello specchio mentre si spruzza sul collo un profumo, la macchia di sangue sulla scarpa bianca del signor Rossetti), e costruisce alcuni significativi personaggi dalla minacciosa e oscura presenza (il signor Rossetti, Luigi il portinaio, la negoziante, la maga Orchidea, il prof. di colore Andy). Barilli gioca con suadente e convincente destrezza ed un pizzico di furbizia tra incubo e realtà (“Cos'è la vita se non un sogno?" dice, non a caso, ad un certo punto la protagonista) e confeziona una opprimente, cupa e crudelissima favola nera (la messa in scena di Alice nel paese delle Meraviglie da parte di Silvia con i cadaveri dei tre uomini messi intorno ad un tavolo è rabbrividente). Un'allucinazione malata, “divorante” e visionaria, dall'inconsueto, macabro e funereo “sapore”, che parte piano (la prima ora del film è fin troppo placida, lenta e preparatoria, pur disseminata di segnali inquietanti ed enigmatici - per esempio Andy che succhia con voluttà la goccia di sangue dalla mano di Silvia, feritasi con un chiodino della racchetta da tennis) per poi esplodere, nella seconda cruenta parte, in tutta la sua violenta perversione e morbosità. Il tormentato ritratto psicologico della repressa protagonista, ossessionata da un oscuro passato e travolta da un presente di complotti, paranoie e congiure risulta, dunque, incredibilmente angosciante e spiazzante anche perché Mimsy Farmer (non nuova al genere dopo "Quattro mosche di velluto grigio" di Dario Argento e prima di “Macchie solari”) è notevolissima nel rivelare la fragilità e le insicurezze della sempre più smarrita protagonista, nella sua progressiva ed inesorabile discesa agli inferi, nel suo assurdo e farneticante regredire allo stato infantile. Il finale shock, in un silenzio tombale (la scena è stata girata alle terme di Caracalla), è certo raccapricciante, turpe, animalesco, disgustoso, eccessivo ma è un portentoso e devastante pugno allo stomaco che difficilmente si dimentica, capace di lasciarti addosso una strana, misteriosa, indecifrabile sensazione di perdizione, smarrimento, paura, angoscia. Ottimi tutti gli interpreti tra cui spiccano il subdolo Mario Scaccia ed il viscido Orazio Orlando. Eccellente l'accompagnamento musicale di Nicola Piovani. La piccola Lara Wendel, accreditata ancora come Daniela Barnes, era già stata vista in un altro buon giallo all'italiana ("Mio caro assassino" di Tonino Valerii) e parteciperà, tra gli altri, anche a "Tenebre" di Dario Argento. Inutile dire che la versione che passa abitualmente sulle reti Mediaset di notte è alleggerita in più punti, stante il divieto ai minori di 18 anni.

Voto: 7

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati