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The Disciple

Regia di Chaitanya Tamhane vedi scheda film

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La recensione su The Disciple

di EightAndHalf
6 stelle

The Disciple si dipana per più di due ore in lunghissime sequenze di canto raga indiano – la loro musica classica – fra esibizioni, lezioni registrate ed esercizi in casa del protagonista. Sembrerebbe indigesto solo a proporlo (per qualcuno a Venezia lo è stato), ma l’ostinazione di non filtrare una tradizione assolutamente indiana e di farla arrivare senza facili traduzioni a un pubblico più esteso e universale è esemplare: il film, nell'impronta di un'essenzialità d'altri tempi, non fa altro che ripetere alcune formule, cioè a dire campi larghi (composizioni anche bellissime), lenti carrelli in avanti e ralenti a mo di leitmotiv. Una volta che si intercetta questo schema, si assiste alla sua continua ripetizione in forme però n realtà diverse, come in variazioni sul tema. Possono essere transizioni da una semplice sequenza all’altra, possono condurre a lassi temporali diversi, ma possono anche trasformarsi in un ricordo, o in un sogno. Alcune sequenze tornano, altre vengono costruite allo stesso modo di prima; la realtà è che Chaitanya Tamhane sa come ipnotizzare, come riprodurre quel Khyal (stato ipnotico del musicista) che l’insegnante indiana Maai cercava di instillare nei suoi allievi, e che il discepolo protagonista cerca di riprodurre per se stesso senza riuscirci mai nella vita. E poi ancora, il film è anche uno spaccato ironico dell’India globalizzata e tecnologizzata. Infatti c’è anche qualche spruzzata di burocrazia informatica, tanti segmenti dedicati a un X Factor indiano abbastanza esilarante e tantissime registrazioni, riproduzioni, records, schermi, come se la tradizione indiana, di apparente natura reazionaria, cercasse di sopravvivere nella promiscuità del contemporaneo. Come se quei segmenti musicali per noi occidentali tanto indigesti, che pure abitavano certi film del da noi amato Satyajit Ray, cercassero di sopravvivere nel cinema contemporaneo a qualsiasi costo. Che valga la pena conservare tutto non sta a noi deciderlo, e per fortuna neanche al film.

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