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Trama

A Roma va apparentemente tutto bene, nel tardo pomeriggio di un giorno qualsiasi, quando televisioni e radio interrompono la programmazione per un'edizione straordinaria: un probabile attentato chimico-batteriologico di ampia portata minaccia la città. È necessario che gli abitanti si rechino nelle proprie case o restino nei luoghi chiusi in cui si trovano. La minaccia è grave, tutti devono collaborare. Mentre la paura dell'attacco terroristico svuota le strade e spegne la vita, quattro uomini e quattro donne metteranno alla prova i sentimenti che provano gli uni per le altre, toccando il fondo delle loro storie oppure risalendo in superficie.

Curiosità

GIRARE IN PIENO LOCKDOWN

La parola ai produttori Daniele Vicari, Andrea Porporati, Francesca Zanza

"Dove sono finiti i nostri sentimenti? Cosa sono diventati l'amore coniugale, l'affetto per i figli, l'innamoramento e l'esaltazione per una nuova storia, il tradimento? E l'amicizia? Insomma, cosa siamo diventati dopo la convivenza forzata e le limitazioni di un anno intero di pandemia?

Nessuno ad oggi sa davvero cosa stia accadendo alle nostre vite vissute in "cattività" durante l'anno strano e doloroso trascorso dal primo lockdown. I nostri legami, la nostra salute mentale, le nostre pulsioni e aspettative sono state messe a dura. Che fine ha fatto tutta la tensione accumulata, tutta la paura provata? E la nostra idea di futuro?

La sceneggiatura di Il giorno e la notte è nata sulla base di queste domande che, per una volta, siamo riusciti a porci in anticipo sui tempi. Infatti, lo scorso marzo 2020, appena fummo costretti a rimanere chiusi in casa, ci chiedemmo come avremmo potuto raccontare ciò che stava per accadere, e pensammo di farlo uscendo dalla terribile cronaca di quei giorni trasfigurandola in una narrazione capace di non restare invischiata nel tragico stillicidio quotidiano di morti e dolore in cui siamo precipitati, ma alludendo a quella condizione, inverandola in un racconto che ci desse la libertà persino di sorriderne, se necessario.

I primi mesi di lockdown totale praticato dall'Italia tra marzo e maggio del 2020 sembrano ormai lontanissimi nel tempo e nello spazio. La sensazione che sia tutto accaduto chissà quando chissà dove e chissà a chi prende piano piano il sopravvento. Magari è un'illusione ma i vaccini sembrano spingerci fuori dalla clausura con una potenza formidabile.

In quei primi mesi di blocco totale le arti dello spettacolo sembravano azzerate e realizzare un film, uno spettacolo di teatro un concerto sembrava pressoché impossibile. Poi dopo l'estate del 2020 l'industria cinematografica ebbe la forza di riorganizzarsi adottando protocolli rigorosi che hanno permesso la realizzazione di tante opere. Il teatro e la musica stanno ripartendo dopo un anno.

Ed è proprio tra marzo e giugno 2020 che decidemmo di fondare una società di produzione cinematografica, la Kon-Tiki Film, per produrre opere cinematografiche, per la tv e per il web. Organizzammo il film nel mezzo del blocco di tutte le attività. Realizzammo Il giorno e la notte, nel pieno rispetto delle restrizioni ferree imposte dai vari dcpm ma senza rinunciare al linguaggio specifico del cinema, quindi non un'opera video ma un film vero e proprio, con una sua struttura di racconto, una cura delle immagini e del suono, dei costumi, delle scenografie, tutto questo a partire da noi stessi, dalla nostra nuda vita.

Le attrici e gli attori sono il fulcro di tutta l'operazione, perché è sulle loro spalle, sulla loro volontà, sulle loro competenze e slancio vitale che il film ha potuto contare. Le loro abitazioni sono state "trasformate" in scenografia da loro stessi, con la guida di Beatrice Scarpato da Roma che come loro non poteva uscire di casa per fare sopralluoghi e costruzioni scenografiche, quindi ha guidato a distanza il lavorio per trasformare le abitazioni in set. Le costumiste Roberta e Francesca Vecchi, bloccate a Modena, hanno fatto altrettanto con i costumi e il trucco. Il direttore della fotografia Gherardo Gossi operava da Torino, ed ha fatto agli attori un breve corso di ripresa e gestione delle macchine, allo stesso modo Alessandro Palmerini, il fonico, dall'Aquila, la continuity Maria Vittoria Abbrugiati a Fano. Tre settimane di preparazione e quattro di riprese. Una troupe essenziale ma coesa e appassionata.

La gestione del set "virtuale" è stata poi una "impresa", 4 settimane di riprese a distanza, con una piccola equipe che trasportava e gestiva i materiali tecnici, un kit predisposto per ogni evenienza gestito interamente dagli intrepreti con una assistente tecnica "fuori dalla porta di casa", la bravissima Alice Spinetti.

La post-produzione è stata una seconda lunga "immersione" nelle case e negli studi in costante collegamento tra loro, con il montaggio di Andrea Campajola (al suo esordio nel lungometraggio), il complesso lavoro sul suono di Francesco Albertelli e Marco Saitta e le musiche sempre sentite e avvolgenti di Teho Teardo.

È per questo che nei titoli di testa abbiamo sottolineato che il film è stato realizzato da tutte e tutti noi, dal regista agli attori, dal direttore della fotografia al montatore, dalla scenografa alle costumiste, dal fonico all'organizzatore, dagli assistenti ai produttori.

Realizzare quest'opera in un momento tanto difficile ci ha ridato immediatamente la voglia e la dignità di provare ad esprimere ciò che ci accade intorno ma soprattutto ciò che ci accade dentro, come ha scritto tanto tempo fa nei suoi mirabili versi il giovane Dylan Thomas".

 

La parola al regista Daniele Vicari

"Il giorno e la notte è stato realizzato durante il primo lockdown, mentre teatri e set cinematografici erano fermi, quando sembrava impossibile continuare a coltivare le nostre passioni. Con un gruppo di attori e attrici abbiamo condiviso il desiderio di reagire creativamente alla paura, per mettere sotto osservazione la condizione di isolamento e restrizione. Fin da subito ci siamo resi conto che avevamo già sperimentato la clausura o quantomeno la paura di uscire di casa, per via degli attentati terroristici che si sono susseguiti da Londra a Madrid, da New York a Parigi. Negli ultimi 20 anni abbiamo vissuto collettivamente la paura e il dolore, e se la metafora della guerra ha un senso, allora andrebbe estesa a tutto il primo ventennio del secolo. Da qui l'esigenza di farci del bene, di dare "una carezza" a tutte e tutti coloro che erano bloccati in casa senza poter fare nulla, a partire dalle lavoratrici e lavoratori del cinema, per dare un senso a ciò che stavamo vivendo.

Per me le attrici e gli attori sono il fulcro di ogni forma di rappresentazione, sono il vero motivo per cui penso valga la pena di fare cinema, è in loro che trovo il senso di ciò che vedo sullo schermo, e sempre meno mi interesso alla tecnologia e ai suoi magnifici orizzonti. È stato quindi del tutto naturale mettermi in contatto con alcuni interpreti che stimo e con i quali ho un rapporto che va al di là del lavoro, e proporre loro di sperimentare una forma di cinema che nessuno di noi aveva ancora praticato, realizzando un set "virtuale" a "distanza", usando la stessa tecnologia che ci stava imprigionando a casa, mettendola al servizio degli attori, perché ruotasse attorno a loro, ai loro desideri espressivi, alle loro pulsioni intimamente umane e artistiche. Alle nostre pulsioni, prendendoci anche il rischio di fallire, anzi abbracciandolo, facendolo nostro complice.

Personalmente non sono riuscito ad accettare la "sospensione della vita" che abbiamo vissuto, a distanza di un anno lo ammetto. Ho compreso e adottato il distanziamento sanitario, per rispetto dei morti dei malati e dei nostri medici e infermieri, ma ho rifiutato la retorica del "ne usciremo migliori", non vi ho mai creduto. Non ho potuto poi accettare l'idea stessa di distanziamento sociale, trovo sia una definizione antiumana che presuppone e porta con sé il rischio che si smetta di desiderare la vita in comune e persino che si smetta di creare.

Ma come si fa a dar vita a un'opera collettiva essendo distanziati? Bisognava trovare una soluzione per una equazione impossibile. In quei giorni le nostre città erano deserte, somigliavano a dei cimiteri. Quel "fuori" spaventava, tendeva a diventare l’unico spettacolo possibile. Ci guardavamo attorno sgomenti, alla ricerca di un senso per tutto ciò che stava accadendo, era necessario mettersi in gioco, ci siamo detti: noi il cinema lo facciamo lo stesso e non come gesto di eroismo o di arroganza ma di disperazione. La disperazione è profondamente umana, meglio disperati che "scomparsi" gli uni agli altri.

Abbiamo così accettato di mettere in pratica la nostra esperienza di musici, saltimbanchi, capocomici e buffoni, sfiorando il teatro della crudeltà, perché le coppie di attori anche nella vita hanno rischiato il loro equilibrio e la loro "pace interiore". Ciascun attore e attrice doveva andare oltre i propri limiti, ciascuno doveva seguire i propri impulsi creativi. Ecco che ciascuno e ciascuna coppia di attori ha costruito un’esperienza unica, una atmosfera propria, un "genere" differente, personale. Sapevamo che sarebbe stato difficile tenere tutte queste cose unite, ma la regia cos'è se non "una funzione"? Una attitudine ad unire, dare uno scopo ad un ensemble. Quindi anche io ho dovuto mettermi in gioco, non potevo "dirigere" il set e non potevo guardare gli attori negli occhi.

Tutte e tutti noi abbiamo dovuto "connetterci" sentimentalmente, fidarsi gli uni delle altre. Una piccola sfida: noi facciamo cinema, comunque vada".

 

Trailer

Commenti (5) vedi tutti

  • Accozzaglia di scene insignificanti sullo sfondo di un regime nazi sanitario in atto.

    commento di gruvieraz
  • Durante il periodo del primo confinamento Daniele Vicari con l'entusiastica collaborazione della Rai trova il modo di realizzare questa rassegna di seghe mentali in vari interni giustificate combinando le due ultime emergenze, quella del virus e quella del terrorismo. Un'idea geniale: due manipolazioni al prezzo di una.

    commento di bombo1
  • nel complesso, un buon film, certamente originale, coraggioso e determinato a raccontare quanto di peggio puo' accaderci, e' accaduto, senza che noi poco o nulla facessimo per evitarlo, troppo presi dai nostri egoismi, dalle nostre farraginose e troppo vacue abitudini...

    leggi la recensione completa di mariogri
  • Crisi di coppie in un simil lockdown...peccato che uno degli interpreti principali sia il telefonino,mostrato in tutte le salse,non se ne puo' piu',mi e' diventato di una antipatia e di un fastidio assoluto.....bah.

    commento di ezio
  • Finalmente un film italiano coraggioso, un film che sia un film e che non puzzi di televisione: storie, personaggi, anche asini (Diego è la star!). Una traspozizione nel reale della metafora del Covid, come se (è così è) il Covid fosse solo una storiellina.

    commento di leporello
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barabbovich di barabbovich
6 stelle

L’idea di partenza è di quelle che lasciano il segno, probabilmente destinata a ritagliarsi uno spazio nelle storie del cinema a venire: quella di girare un film tutto in ambienti chiusi durante il confinamento forzato del 2020. La realizzazione risente di tutte le difficoltà del caso: tecniche, innanzitutto (la traccia audio avrebbe potuto essere livellata meglio), ma anche… leggi tutto

2 recensioni sufficienti

2021
2021

Recensione

barabbovich di barabbovich
6 stelle

L’idea di partenza è di quelle che lasciano il segno, probabilmente destinata a ritagliarsi uno spazio nelle storie del cinema a venire: quella di girare un film tutto in ambienti chiusi durante il confinamento forzato del 2020. La realizzazione risente di tutte le difficoltà del caso: tecniche, innanzitutto (la traccia audio avrebbe potuto essere livellata meglio), ma anche…

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Utile per 2 utenti

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mariogri di mariogri
6 stelle

Diretto nel 2020, in piena pandemia, dal regista Daniele Vicari, il film suona come una vera e propria dichiarazione di resistenza e lotta contro una tempesta pandemica che una natura matrigna e beffarda ha voluto colpire l' intera umanita'. Una dimostrazione che i films, seppur con chiare difficolta' dettate dall' emergenza, possono essere realizzati sempre, dunque la produzione potra' essere…

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