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Cosa avete fatto a Solange?

Regia di Massimo Dallamano vedi scheda film

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La recensione su Cosa avete fatto a Solange?

di alan smithee
6 stelle

IL CINEMA AI TEMPI DELLA QUARANTENA

Nella Londra di inizio anni '70, un un'insegnante di ginnastica di origine italiana che lavora presso un prestigioso collegio femminile, ed uomo assai avvenente e apprezzato sia dal corpo insegnante che dalle alunne, nonché sposato con una professoressa di nazionalità tedesca, vive una clandestina storia passionale con una sua studentessa, che accetta di incontrarlo nei momenti liberi, ma si dichiara non ancora pronta a concederglisi.

Durante una gita in barca effettuata di nascosto durante i loro incontri clandestini, la ragazza assiste - seppur da lontano e di sfuggita - ad un omicidio, perpetrato da un uomo vestito di scuro ai danni di una giovane ragazza, che risulterà rivelarsi una delle scolare della prestigiosa scuola in questione.

Reticente se avvisare la polizia dei particolari notati dalla sua compagna ed alunna, l'uomo si fa coinvolgere a tal punto nell'indagine che la polizia apre immediatamente al ritrovamento del cadavere, da divenire egli stesso il perno centrale della complicata indagine, destinata a mettere in luce tutta una serie di macabre usanze e costumi attuati in quella scuola, e la vendetta portata avanti da un padre disperato per come il branco ha ridotto la propria figliola.

Per la regia esperta di Massimo Dallamano, versatile e buon regista italiano da sempre piuttosto sottovalutato e prematuramente scomparso, Cosa avete fatto a Solange fa parte di quella schiera di film di genere tutti italiani dotati di un respiro internazionale tale, da cancellare quasi la loro provenienza effettiva.

Pur un po' farraginoso nel suo dispiego, e popolato da personaggi tendenzialmente un po' troppo schematici nella loro costruzione e rappresentazione, il film si presenta come un dignitosissimo thriller di buona fattura, in grado di arrivare all'agognato epilogo con una coerente dignità narrativa.

Tra i protagonisti spicca un Fabio Testi bello e guascone, ben consapevole del proprio charme e di una prestanza che lo ha reso uno dei divi di casa nostra più esportabili di quegli anni. 

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