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The Father - Nulla è come sembra

Regia di Florian Zeller vedi scheda film

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La recensione su The Father - Nulla è come sembra

di Furetto60
8 stelle

Notevole questo esordio alla regia di Zeller. Hopkins superlativo

Anthony, l’eccellente Anthony Hopkins, ha da poco superato gli ottant’anni, affetto da una grave forma di demenza senile, vive da solo in un grande appartamento a Londra. Ad accudirlo, amorevolmente, l’unica figlia Anne. Dell’altra figlia, Lucy, la sua prediletta, non ha notizie da tempo, perché in realtà è deceduta, a seguito di un incidente di cui lui però non ha più memoria.

Anne alias Olivia Colman, si reca dall’anziano genitore, Anthony, dopo che quest’ultimo ha messo in fuga l’ennesima badante Angela, lo trova nel suo appartamento intento ad ascoltare musica, inconsapevole della sua ingestibilità. Nei rari momenti di lucidità è perfino seduttivo, come quando approccia la neo-badante, ma è solo un attimo, dopo ripiomba nell'abulia. Anne gli riferisce che ha conosciuto un uomo e vuole trasferirsi con lui a Parigi e perciò deve adottare una soluzione radicale. Anthony le chiede: «mi stai abbandonando?» la domanda non ottiene risposta, come potrebbe? Da questo momento in poi la storia prende una piega inaspettata, apparentemente sembrerebbe una sorta di allucinazione percettiva in cui, davvero, nulla è più come sembra, ma in realtà è un audace scarto narrativo del regista, che capovolge le prospettive. Quello che vediamo è tutto dal punto di vista di Anthony, cioè di una persona affetta da Alzheimer; lui e noi perdiamo un po' per volta, la percezione della realtà, quindi proviamo lo stesso suo disorientamento, spaziale e temporale soprattutto. Di punto in bianco non siamo più a casa di Anthony, ma siamo nell’appartamento di Anne e qui incontriamo Paul che scopriamo essere il marito Anne, quello con il quale aveva divorziato anni prima. Paul però cambia continuamente fisionomia, lo stesso accade per Anne e l’appartamento pur essendo sempre lo stesso muta continuamente colore. Situazioni e dialoghi si intrecciano e si sovrappongono :la realtà si deforma e si sgretola; Anthony si confonde e noi con lui, è ossessionato dal suo orologio, lo nasconde per non farlo prendere alle badanti, poi ritiene che il marito di Anne glielo abbia rubato, spesso lo perde e lo cerca, allegoria dell’ attaccamento al tempo, che gli sfugge suo malgrado, senza poterlo controllare; il rapporto con la figlia Anne è complicato proprio dal suo stato mentale, con repentini e inaspettati cambi di umore, tipici di questa patologia, che a volte lo spingono ad essere anche aggressivo. Infatti, spesso rivolge accuse ingiuste e violente alla figlia. Lo smarrimento di Anthony è giocoforza anche il nostro, ma l’abilità di Zeller e dei grandi attori che dirige è quella di cercare l’insolita via di una “decostruzione” dei fatti, il regista imbocca questo percorso narrativo, lasciando gigioneggiare Hopkins. Il cinema ha spesso trattato il tema della demenza senile, basti citare: Le pagine della nostra vita di Nick Cassavetes, “Lontano da lei”, “Iris, un amore vero,” Una separazione” di Asghar Farhad Una sconfinata giovinezza di Pupi Avati e Still Alice, con una strepitosa Julian Moore. Tuttavia quest'opera è decisamente originale,perché rovescia completamente i ruoli, trascinando lo spettatore dentro la mente malata del suo protagonista, attraverso lo sguardo di chi ne è vittima, mostrando ciò che lui vede, sente, vive: Zeller ha dato al pubblico gli stessi occhi e orecchie, la stessa sensibilità del protagonista, mettendolo in una condizione di iper-percezione, consapevole da subito della malattia che lo affligge ; non ci sono controlli medici, referti e valutazioni della patologia, ma c’è la rappresentazione di uno stato confusionale, che peggiora di volta in volta e che rende tutti partecipi dell'orrore di questa iattura. Un declino interiore che degenera sempre di più, facendo smarrire le coordinate dell’esistenza.

Trasposizione cinematografica di una"pièce" teatrale di successo di critica, non è esente da difetti, alcuni passaggi sono contorti, tuttavia è un’opera, anche se coriacea, di indubbio valore e l’interpretazione di Hopkins è stupefacente,il versatile e istrionico attore, cambia tono e registro di continuo e mostra  molto bene, la discesa negli abissi della dissolvenza della  memoria e quindi della

 identità del suo Anthony.

 

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