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La terrazza

Regia di Ettore Scola vedi scheda film

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La recensione su La terrazza

di tafo
8 stelle

Un film amaro e ambizioso. Una riflessione a trecentosessanta gradi sulla cultura di sinistra. Alla fine di un decennio estremamente politicizzato il ritratto pentagonale del nostro appare poco speranzoso per i tempi che verranno nel momento in cui decide di chiudere un epoca. Scola convoca tutti, giornalisti, scrittori, uomini di cinema e della televisione, politici e produttori, ma non ha nessuna voglia di ridere, semmai ha voglia di riflettere sulla qualità della risata. La terrazza è il luogo di ritrovo di una cultura sempre più borghese e sempre meno di sinistra, dove le depressioni e le incazzature cominciano a diventare emozioni legate alla noia o alle situazioni sentimentali. Bisogna stare male più per distinguersi dagli altri, da quelli che nell’Italia del benessere ci sguazzano senza problemi etici e ideologici. La lunga stagione che dal neorealismo approdava alla commedia all’italiana è finita perché non ci sono più quei caratteri ambientali e personali. La risata rimane nelle macchiette di un caratterista totoiano degli anni cinquanta. L’amore diventa sempre più complicato perché le donne sono sempre più creative e decise a rompere lo schema matrimoniale. Tutti i personaggi maschili accettano il loro fallimento, i personaggi femminili cercano il loro successo, credono possibile la loro felicità, sentimentale o professionale. Quando i radical diventano chic e dalla terrazza si passa al salotto buono, la tragedia è dietro l’angolo e il capolinea per la generazione del C’eravamo tanto amati è arrivato. Per chi resta non c’è scampo l’unico rimedio alla morte è il divertimento innocuo di vecchie canzoni di un tempo felice. Ritratto generazionale perfettamente sintetico nella presenza attoriale, geometrico nella capacità di non smussare gli angoli dei singoli episodi, femminista e massimalista, ironia e sarcasmo, impegno e cinismo, bello, pulito e cattivo.

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