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Rifkin's Festival

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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Andreotti_Ciro

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La recensione su Rifkin's Festival

di Andreotti_Ciro
6 stelle

Il docente di storia del cinema Mort Rifkin e sua moglie Sue, ufficio stampa di una casa di produzione cinematografica, si recano in Spagna per partecipare alla mostra internazionale del cinema San Sebastiàn. Durante il soggiorno entrambi si avvicineranno ad altre persone e al tempo stesso tracceranno il bilancio del loro rapporto.

 

L’ultima pellicola di Woody Allen guarda al passato recente, e remoto, gettandosi a capofitto nei prodromi del cinema del clarinettista newyorkese: dalla coppia che s’interroga sul proprio legame, ai discorsi riguardanti i massimi sistemi culturali, su quale sia il cinema migliore e come sia possibile paragonarlo ai teorici capolavori odierni, fino a riempire ogni angolo onirico della vita del protagonista con citazioni tratti da vecchi film e da stralci di vita vissuta rigorosamente in bianco e nero, come le tv di un tempo.

 

Allen rassicura il proprio pubblico con lettini dello psicanalista e un alter ego, Mort Rifkins docente di origine ebraica e abitante della ‘Grande Mela’, impersonato dal caratterista Wallace Shawn, che altri non è che lo specchio nel quale si riflette lo stesso regista, da molti anni stabilmente dietro la macchina da presa e solo di rado tra i protagonisti delle proprie pellicole. Come dicevamo il film guarda anche al recente passato perché bloccato dalla pandemia e arrivato sui nostri schermi on demand in evidente ritardo, ciò non toglie che Allen giostrando i suoi cavalli di battaglia, spostando le medesime tessere a proprio piacimento confeziona una narrazione che è però lontana parente di Manhattan e Io & Annie, una narrazione comunque inconfondibile in termini di stile, fotografia, firmata come sempre dal premio Oscar Vittorio Storaro, musiche d’epoca e temi trattati. Nulla di nuovo quindi sotto il sole iberico ma solo tante conferme a ritmo di Jazz.

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