Espandi menu
cerca
Funny Games

Regia di Michael Haneke vedi scheda film

Recensioni

L'autore

cheftony

cheftony

Iscritto dal 2 marzo 2009 Vai al suo profilo
  • Seguaci 100
  • Post 6
  • Recensioni 471
  • Playlist 14
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Funny Games

di cheftony
9 stelle

“E dove si trova ora il tuo eroe? Nella realtà o nella finzione?”
“La sua famiglia è nella realtà e lui è nella finzione!”
“Ma la finzione è vera, no?”
“Perché?”
“Be', la si vede nel film, no?”
“Certo!”
“Be', allora è altrettanto vera quanto la realtà che comunque si vede.”
“Che scemenza!”
“Perché?”
 
Una famiglia tedesca, composta da Georg (Ulrich Mühe), dalla moglie Anna (Susanne Lothar) e dal figlioletto Georgie con cane al seguito, è appena arrivata alla propria casa al lago in Austria con l'intento di godersi una settimana o due di relax. Georg e il figlio si mettono subito a verificare le condizioni della loro barca, mentre Anna, tranquillamente al lavoro in cucina, riceve la visita di un ragazzo biondo, insistente ed impacciato, di nome Peter (Frank Giering), mandato dai vicini di casa (insieme ai quali era pure stato visto) a chiedere delle uova; nel frattempo era già arrivato anche Paul (Arno Frisch), un morettino amico di Peter dalla faccia sveglia, accompagnato dal vicino nell'abitazione dei coniugi tedeschi in quella che sembrava una banale visita. Quando Anna si altera per la curiosa invasione e i due ragazzi “placano” la situazione azzoppando Georg con una violenta mazzata da golf in un ginocchio, risulta chiaro come la vacanza stia per trasformarsi in uno spaventoso sequestro immotivato: con Georg costretto all'immobilità e col telefono di casa isolato con un trucco da Peter, i due hanno campo libero per tenere sotto scacco la famiglia nella loro abitazione isolata con i loro crudeli giochi...al massacro.
 
“Funny Games”, film di produzione austriaca del 1997 di un Michael Haneke allora già 55enne non proprio sprovveduto di materia cinematografica, si prefigura fin dall'inizio come un pugno nello stomaco: nella scena iniziale i malcapitati protagonisti ascoltano musica classica da una musicassetta in automobile cercando di indovinare gli autori, ma la loro serenità viene travolta in coincidenza dei titoli di testa dal distruttivo ingorgo sonoro dei Naked City, che mescola grindcore, punk, jazz e metal in un devastante coacervo, a sua volta quasi un umile preambolo alla violenza dei novelli drughi vestiti di bianco di kubrickiana memoria. Mi sono approcciato a questo film sapendone davvero poco e, aspettandomi un thriller che non facesse molto altro che dilatare temporalmente una incursione nello stile di "Arancia Meccanica", sono rimasto piuttosto sorpreso dal trovarvi una spinta inverosimile e pressoché esclusiva sulla violenza psicologica, tale da portare lo spettatore ad immaginare e basta gli scoppi di brutale cruenza che invece sono sempre lasciati fuori campo.
La sorpresa è stata ancora maggiore nell'assistere alle continue implicazioni metafilmiche, che ho trovato molto congeniali e forse volte a stemperare la tensione quando il convincentissimo Arno Frisch rivolge un occhiolino maligno all'obiettivo della telecamera, ma un po' fastidiose in alcuni dialoghi fra Paul e Peter e soprattutto nella trovata del telecomando, anche se forse questa si rendeva necessaria a quel punto del film per estremizzare l'impotenza dello spettatore di fronte ai fatti: la pellicola va come deve andare, la finzione si mescola con la realtà e la violenza si rivela come un sadico gioco, subìto dalla povera famiglia e perpetrato da due personaggi, di cui solo uno perfettamente consapevole del suo ruolo di personaggio filmico e non di persona reale.
Ciò detto, “Funny Games” vede un Haneke non solo impegnato in questi ambiziosi ma per lo più efficaci svolazzi metacinematografici, ma anche in veste di egregio pianificatore in fase di sceneggiatura e soprattutto di regia, con la quale non vuole concedere tregua a lungo per poi far tirare un respiro, purtroppo effimero, con un lungo piano sequenza di ben dieci minuti di dolore e disagio; davvero bravi gli interpreti, con la Lothar e Frisch sugli scudi. Un film fastidioso, forse pure presuntuoso senza essere rivoluzionario, difettoso, ma la cui visione in qualche modo ti segna, ti fa riflettere, ti insegna a non dare niente per scontato e ad imparare che noi spettatori alla fine dei conti non valiamo quanto pensiamo: c'è lo schermo, c'è la pellicola e poi ci siamo noi. Il pasto è servito!

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati